Sinallagma d'amore, osmosi, rapporto simbiotico col territorio. Prima ancora che di mercato, allenatori, dirigenti e programmazione sportiva, Danilo Iervolino si soffermò su questi tre concetti nel giorno della sua prima conferenza stampa da presidente della Salernitana. Considerato il rapporto conflittuale tra la vecchia proprietà targata Lotito e una grande maggioranza della piazza, era musica per le orecchie di una tifoseria che chiedeva soltanto di essere coinvolta quotidianamente nelle vicende sportive della squadra del cuore senza essere presa in considerazione soltanto all'atto del pagamento del biglietto per assistere alle partite. Se oggi Salerno si gode una grande festa, chiude la stagione con quasi 30mila persone sugli spalti e con statistiche che la premiano come una delle quindi in Europa più numerose in trasferta in proporzione agli abitanti, il merito va attribuito senza dubbio alla società. Capace di toccare le corde del cuore e di capire che "Salerno non è un'azienda da gestire dietro una scrivania, ma un mix di sentimenti che meritano rispetto". E un presidente che fa il diavolo in quattro per organizzare in tempi record una festa e che, al suo secondo anno, garantisce una salvezza così spettacolare merita tutto il nostro sostegno.
Della stagione che sta per andare in archivio (e in fondo ci dispiace, questa Salernitana a tratti è uno spettacolo e può battere chiunque) abbiamo già detto tanto, ma a volte ripetere alcuni concetti può essere utile ad emozionarci ancora. 19 avversarie fermate su 19, tra andata e ritorno. Tanta roba. 2-2 con la Juventus e a Roma, 1-1 contro Napoli, Milan e Inter, vittoria per 3-1 sulla Lazio, 1-0 ai danni dell'Atalanta e tre reti rifilate all'Arechi alla Fiorentina. 13 risultati positivi nelle ultime 14 giornate, Dia terzo nella classifica marcatori, Salernitana imbattuta in casa da tre mesi, a segno da 12 gare di fila, con 11 punti di vantaggio sulla terzultima. Cos'altro aggiungere? Che, di fatto, se dopo il derby le avessimo perse tutte ci saremmo salvati lo stesso. Quindi Dia all'84' è ancora di più nella storia, se ne facciano una ragione coloro che continuano a ironizzare sulla grande gioia del popolo granata per il punto conquistato contro chi spostò date e orari senza mostrare un minimo di rispetto per l'avversario. Ora lo sguardo va al futuro, pur con la voglia di godersi il presente. Paulo Sousa resta ed è una garanzia: non ce ne voglia il buon Nicola, ma i suoi errori ci stavano mandando dritti in serie B e la differenza col collega portoghese è abissale. Ben venga anche la permanenza di De Sanctis, ds che ci ha fatto ricredere e che ha mostrato in questo finale quel lato umano che sa emozionare. Speriamo, però, che non si vada solo su giovani di prospettiva ma anche su gente esperta e di qualità. Ok il progetto a lungo termine, ok ricordare che siamo appena al quinto anno di A, ok anche la cessione eccellente per realizzare plusvalenze e far quadrare i conti, ma in difesa - ad esempio - non può bastare il solo Gyomber che, di fatto, è l'unico ad aver fatto la differenza. Pirola è cresciuto, sugli altri sussiste qualche punto interrogativo e un paio andranno via, a nostro avviso occorre un giocatore di personalità e fisicamente forte che sopperisca alle lacune sulle palle inattive che, a tratti, diventano pericolose quasi quanto un calcio di rigore anche per la scelta di Ochoa di restare in porta senza tentare l'uscita.
Il centrocampo tutto sommato è già di buon livello, su Maggiore le riflessioni sono d'obbligo perchè sembra il classico caso del giocatore giusto al posto sbagliato. Non per colpa della piazza, sia chiaro. Ma qui, infortuni a parte, sembrava da subito non si fosse adattato. Un anno fuori in prestito o un ritorno nella sua La Spezia forse potrebbero permettergli di ritrovare lo smalto dei giorni migliori. Davanti, invece, peccato davvero per Bonazzoli. Ma se con cinque allenatori su cinque non sei titolare inamovibile e, di fatto, l'unica stagione positiva è quella del 7% è evidente ci siano problematiche irrisolte che frenano una carriera che poteva essere diversa. Chi è causa del suo mal pianga sè stesso, dice il proverbio. Se nemmeno Sousa è riuscito a rivitalizzarlo, è evidente che il suo futuro sarà altrove. Stavolta senza rimpianti di alcun genere.
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