E' stato uno degli "eroi" dell'indimenticabile campionato 2010-11, quello della Salernitana che decise di scendere in campo gratuitamente per provare a salvaguardare la società attraverso una promozione in serie B che sembrava impossibile. La compattezza dello spogliatoio, la presenza di uomini veri come Breda e Nicola Salerno e il feeling con la piazza trasformarono una stagione disastrosa in una cavalcata ricordata ancora oggi con le lacrime agli occhi e con il rimpianto per alcuni arbitraggi a sfavore. La redazione di TuttoSalerntiana ha avuto il piacere di chiacchierare in diretta su Instagram con Errico Altobello che, con eleganza e senza alcuna polemica, ha anche spiegato i motivi del no al ritorno in granata nel 2015:
I tifosi collegati le chiedono subito di ricordare la trasferta di Alessandria...
“E’ stata una stagione indimenticabile. Si era creato un ambiente eccezionale, l’energia con i tifosi era speciale. Ad Alessandria sembrava di essere a Salerno, un esodo di granata straordinario che fece la differenza .Stavamo perdendo 1-0, l’abbiamo recuperata grazie ad una doppietta di Carrus che ci permise di arrivare in finale col Verona. Un’annata irripetibile, da pelle d’oca”.
Cosa ricorda di quel campionato ricco di emozioni?
“Salerno è stata una seconda casa, ho avuto la possibilità di esordire nel calcio professionistico e chi mi conosce sa quanto ho dato alla causa. Ci tengo tantissimo alla Salernitana, ricordo con felicità i momenti che ho trascorso in quello stadio e con quel gruppo. A Reggio Emilia il momento più bello, quando la curva del Mapei Stadium venne giù per il mio gol: c’era anche mio padre che mi ha seguito in trasferta in ogni occasione, una gioia indimenticabile. Il suo maglioncino rosa era una sorta di portafortuna, lo indossava anche quando c’erano 34 gradi e riuscivo sempre a distinguerlo tra la folla. Ho segnato anche a Monza, ricordo che mi marcava Tuia”.
C'è qualche aneddoto che vuole svelare ai tifosi?
“Nella finale di ritorno ero squalificato, quando arrivammo al campo c’erano 20mila persone sin dal sopralluogo pre partita. Aspettai Murolo in una stanzetta, mi guardò e c’era un’aria magica che ci portò a piangere come due bambini. Un momento bellissimo che ricordo con piacere, quella squadra aveva un cuore straordinario”.
Quanto ha aiutato un giovane come lei lavorare con quel gruppo di spessore?
“C’erano uomini veri, ma anche calciatori forti. Ho avuto il piacere di vivere la prima esperienza nel professionismo con gente come Murolo e Peccarisi, senza dimenticare Pestrin, Carrus, Fava, Ragusa e giocatori straordinari che, con tante difficoltà societarie, hanno saputo creare un clima fantastico isolando i giovani dai problemi. L’energia della piazza ci ha dato tanto, eravamo ad un passo dall’impresa. Quando perdemmo 4-1 in casa col Sorrento ci davano per spacciati, ma tutti insieme facemmo una scalata straordinaria”.
Per due anni di fila il suo nome è stato accostato alla Salernitana. Perchè non c'è stata la firma?
“Già nel 2014 ebbi la possibilità di venire in serie C. Ci tenevo tantissimo a tornare alla Salernitana, ma a Savona avevo giocato con continuità e preferii una piazza che mi garantisse maggiore spazio. A Messina c’era Grassadonia e, sul piano lavorativo, era una chance da sfruttare nel migliore dei modi. L’anno successivo ci sono retroscena diversi. Non si crearono le condizioni per chiudere una trattativa, i rapporti umani e la lealtà vengono prima di tutto. Purtroppo con la Salernitana, intesa come società, non nacque feeling e dissi no anche per dignità”.
In carriera anche il brutto episodio di Taranto condiviso con Stendardo, altro ex granata...
“Mariano è come un fratello maggiore e da lui ho ricevuto e imparato tanto. Abbiamo vissuto un’esperienza a Taranto in una fase apparentemente tranquilla, poi c’è stato un episodio negativo: un gruppetto di tifosi ci ha aggredito, scene nere del calcio che purtroppo ci hanno danneggiato. Personalmente, dopo il marzo del 2017, ho preferito rientrare a Cava. E’ stata una vicenda che mi ha segnato, pagine tristissime che non vorremmo mai vivere. Alcune piazze non hanno ancora capito che gli uomini vanno rispettati e ci sono ragazzi che fanno tanti sacrifici. Non è semplice vivere lontano dalle proprie famiglie, nessuno vuole perdere volutamente le gare”.
Con quali giocatori legò di più a Salerno?
“La macchietta dello spogliatoio era Domenico Franco, molto abile nelle imitazioni. Stesso discorso anche per Rino Iuliano, ottimo chef e uomo fondamentale in un gruppo. Il positivo per natura che fa la fortuna di qualunque squadra e di qualunque amico”.
Un giudizio sulla stagione con la Vibonese?
“Abbiamo un allenatore che ama il calcio offensivo, ci insegna l’essenza di questo gioco che prevede il far gol a prescindere dai rischi che puoi correre. Siamo partiti benissimo, il periodo negativo è fisiologico. Tanti ragazzi in rosa un anno fa giocavano in Eccellenza e serie D, andava messo in preventivo un percorso altalenante. Siamo soddisfatti, sono orgogliosissimo di indossare la maglia della Vibonese. La mia vita ora? Ho un piccolo giardino e mi arrangio un po’ nei lavori di forza e sulle distanze brevi, speriamo di tornare quanto prima in campo ma penso che il discorso è ancora molto lungo. Sono a favore della ripresa dell’attività, ma la priorità è la salute”.
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