Mai solo, come recita il titolo del suo docu-film. "Questa città non mi ha mai lasciato nemmeno un attimo. A volte penso cosa ho fatto per meritare così tanto affetto?". Gli occhi di Giacomo Tedesco brillano mentre i tifosi della Salernitana chiedono selfie ricordo e autografi sulla maglia granata. A Montecorvino Pugliano, durante una manifestazione, ne compare anche una con il numero 19. "Sono troppo legato a questa piazza. Adesso non vedo l’ora di poter vivere una partita in curva ed esultare ad un gol". Lì, nel settore più caldo dell’Arechi e che ogni weekend ricorda Vincenzo, Ciro, Giuseppe e Simone, scomparsi nella tragedia sul treno di ritorno di Piacenza dopo la delusione per la retrocessione in serie B. "Quella è una sconfitta umana che ci portiamo tutti ancora oggi, impossibile da dimenticare. Penso se avessimo potuto fare qualcosa in più in quella stagione, magari raggiungendo quella maledetta salvezza che avrebbe evitato tutto quello che è successo".
Giacomo Tedesco, come si spiega l’amore viscerale con Salerno?
"Un affetto incredibile che ho provato a raccontare nel documentario sul mio ritorno a Salerno. Sembra di essere rimasto a 23 anni fa, e come se non fossi andato mai via. Ogni volta i tifosi mi fanno sentire a casa e mi aiutano a ricordare ciò che è stato".
Una curiosità: la Salernitana 1998-1999 dove si collocherebbe in questa serie A?
"Almeno in Europa League (ride). Purtroppo sono annate: in quel campionato c’erano delle corazzate ed è per questo motivo che quella Salernitana che era forte ma fragile retrocesse in serie B. Allora c’era la Juventus di Zidane, l’Inter di Ronaldo, la Roma di Totti. Ogni squadra aveva dei talenti straordinari. Il campionato attuale non ha lo stesso livello e soprattutto gli stessi campioni di quegli anni".
Ritornando al presente, la Salernitana attuale?
"All’inizio la squadra ha pagato il salto di categoria. Adesso però c’è stato un cambio di passo che è sotto gli occhi di tutti. La Salernitana ha dimostrato di essere una squadra più quadrata, molto più solida. Inoltre, l’innesto di Ribery ha portato anche quell’esperienza e quel carisma che mancava. Le sensazioni arrivate dalle ultime sfide mi lascia ben sperare: sono fiducioso anche perché Salerno merita sempre la serie A".
Quanto ha inciso la vittoria con il Genoa per ritrovare sicurezze e può rappresentare un punto di svolta?
"Ogni successo porta consapevolezze e soprattutto tranquillità all’intero gruppo. Trovare poi i tre punti contro una squadra blasonata come il Genoa non è niente male. Inoltre vincere prima della sosta è fondamentale perché ti permette di lavorare con grande attenzione e soprattutto con entusiasmo. Sono convinto che questa sia la strada giusta per provare a centrare la salvezza, con la squadra che ha beneficiato del cambio di modulo con lo schieramento delle due punte più Ribery alle loro spalle che permette di dare ancora più peso al reparto offensivo".
Alle porte adesso c’è un trittico di scontri salvezza.
"Ciò che conta è prepararne una alla volta. Adesso bisogna pensare solo alla Spezia, consapevoli di affrontare una squadra che sa giocare al calcio e che lo scorso anno ha meritato la salvezza. Adesso sarà fondamentale preparare bene questa trasferta e provare a dare continuità al successo con il Genoa".
E poi c’è il fattore Arechi da sfruttare con il tifo incessante, uno stadio che lei conosce bene.
"La maggior capienza inciderà, anzi sarà un apporto importante per questi ragazzi. Si è visto nel secondo tempo con il Genoa, con l’intero stadio che ha quasi spinto la squadra al gol vittoria di Djuric. E presto avrà per una partita anche un tifoso in più sugli spalti…".

Sezione: News / Data: Mer 13 ottobre 2021 alle 10:30
Autore: TS Redazione
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