"Come riportare 30mila persone all’Arechi? Con il bel gioco, lo spettacolo. La gente vuole divertirsi". Pietro Strada, uno che di giocate spettacolari ne ha regalate tante con la casacca addosso e il numero 10 sulle spalle, traccia la via. E si gode i numeri di suo figlio Filippo, che con la maglia della Nazionale universitaria si è aggiudicata una medaglia di bronzo contro la Russia ieri all’Arechi. Il giovane attaccante, l’anno scorso all’Adrense in serie D, è stato tra i principali protagonisti della cavalcata azzurrina, fermatasi in semifinale ai rigori contro il Giappone, in un Arechi che non ha lesinato applausi convinti al figlio del trequartista bresciano. 
Pietro Strada, partiamo dalle emozioni provate da suo figlio…
"Beh, perdere il pass per la finale dell’Universiade ai rigori fa sempre male, ma sicuramente giocare all’Arechi gli ha regalato una grande soddisfazione, anche perché all’esordio con il Messico aveva qualche problemino fisico e non è stato del match". 
Ha avuto modo di tornare a Salerno per vederlo dal vivo?
"Purtroppo no, sono riuscito a vederlo solo a Cava de’ Tirreni, dove è stato il migliore in campo, ha realizzato un gol e un assist, poi anche con la Francia ha realizzato una punizione fantastica. Mi è dispiaciuto non essere presente a Salerno, mi aveva chiamato anche Pisano…
Cosa voleva il suo ex compagno di squadra?
"Voleva incontrarmi, gli autori del celebre striscione “Pisano: Facci Strada” speravano che gli autografassi il drappo e avevano chiesto a lui una mano, mancava solo la mia firma dopo il Centenario, ma purtroppo non sono riuscito ad accontentarlo". 
Dopo il Centenario, si riparte da Ventura, che ha ammesso di voler essere ricordato come l’allenatore in grado di riportare 25mila persone all’Arechi.
"Serve il bel gioco. Per noi a quei tempi erano numeri “normali”, certo non c’erano le pay-tv, ma al di là dei successi che abbiamo ottenuto, la gente che veniva allo stadio tornava a casa divertita, soddisfatta. In fin dei conti il calcio è sempre uno spettacolo...".
Può essere, l’ex ct azzurro, l’allenatore giusto per il rilancio della Salernitana?
"Serve che si riaccenda un po’ di entusiasmo, qualche vittoria aiuterebbe sicuramente all’inizio. Però conosco il calcio di Ventura, ho affrontato le sue squadre tante volte in carriera, a lui piace che si giochi la palla dal basso, che si provi sempre a impostare l’azione, con una costruzione precisa. È uno dalle idee chiare, però in campo ci vanno i giocatori…".
Riferimento al mercato?
"Beh sì, ma con ogni allenatore è così, anche con Delio Rossi, le idee da sole non bastano, servono gli interpreti giusti. Si deve creare una giusta sinergia con direttore sportivo e proprietà, dopo un’annata del genere ci vogliono rinforzi". 
Tornando a Filippo, che gli è parso dell’Arechi?
"Grande stadio, era assolutamente emozionato, anche per i tanti applausi ricevuti, alcuni penso che però fossero anche per me (sorride, ndr). Diciamo che erano destinati alla dinastia Strada". 
Il calcio piazzato è un colpo di famiglia?
"Beh, io ne ho segnate diverse. Non gli do consigli, è una dote naturale. Semmai gli posso essere utile sull’approccio mentale a determinate sfide. 
Tra le tante segnate, a quale punizione è più legato?
"Sicuramente Bergamo contro l’Atalanta, in quel contesto fu il gol che riaccese la nostra speranza di andare in serie A. Dopo un gran primo tempo ci ritrovammo sotto, la mia punizione ammutolì il loro stadio, che era pieno, rianimando invece i nostri tifosi. Purtroppo poi arrivò la rete di Valentini, anche se eravamo costretti a tentare il tutto per tutto. Forse il nostro cammino si era compromesso prima…".
Salernitana-Lucchese?
"Sì, Rastelli ci punì sul finale, prendemmo un contropiede che ci condannò. Fu un vero peccato, perché saremmo arrivati a pari punti con l’Atalanta, con un pareggio avremmo giocato uno spareggio, sarebbe stata tutta un’altra storia".

Sezione: News / Data: Lun 15 luglio 2019 alle 20:30 / Fonte: La Città
Autore: TS Redazione
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