Come si legge nell'articolo di Fabrizio Salvio sulla rosea, "da San Siro a Cerignola", titola in prima pagina un quotidiano locale il giorno dopo la retrocessione della Salernitana, dalla A alla C in due anni, dal paradiso all’inferno in una discesa rovinosa e senza appigli, otto allenatori e quattro direttori sportivi bruciati in due stagioni calcistiche riassumibili in una sola parola: scempio. La sconfitta contro la Samp, nel playout che si sarebbe dovuto giocare contro il Frosinone se il Brescia non fosse stato penalizzato e retrocesso d’ufficio, era annunciata: alla notizia della sostituzione dell’avversario annunciato con uno nuovo, di cifra tecnica e tradizione superiore, l’ambiente granata, città e squadra, ha subito vestito i panni della vittima sacrificale, si è sentito colpito e affondato, cedendo al vittimismo e alla autocommiserazione che hanno finito per svuotare di energie, mentali prima che fisiche, e di lucidità, i giocatori. La sconfitta dell’andata, più netta di quanto dicesse lo 0-2 finale, poteva ancora essere rimediata al ritorno (la Salernitana doveva vincere con 2 gol di scarto) se la squadra, a partire dalle scelte del tecnico Marino, fosse stata più lucida. Invece, nonostante la spinta dei 22mila dell’Arechi (poi trascesa in triste e deprecabile lancio di petardi, fumogeni e seggiolini che ha portato alla fine anticipata della partita), si è vista quasi solo confusione, al netto di tre episodi che, sullo 0-0, avrebbero potuto cambiare il corso della partita a favore dei granata se giudicati in maniera diversa da arbitro e Var.
PROGETTO - Fatti che nulla spostano nel giudizio complessivo dei due anni che hanno portato allo sprofondo granata. Uno scempio, appunto, lo stupro di una passione calcistica che ha pochi eguali in Italia: quante “piazze” delle dimensioni di Salerno riescono a portare cinquemila tifosi in trasferta anche quando, come lo scorso anno in A, la squadra è miseramente ultima in classifica, con un record negativo di punti (17 punti finali, 32 gol fatti e 81 subiti), da mortificare anche il più fervente dei fedeli? Alla doppia retrocessione si è arrivati, come sempre in questi casi, inanellando una serie di errori frutto di scelte societarie figlie di presunzione e superficialità. L’amministratore delegato Maurizio Milan – braccio destro del presidente Danilo Iervolino, al timone della società dalle 23.58 del 31 dicembre 2021, a due minuti cioè dalla scadenza dell’ultimo giorno utile per salvare la Salernitana dal fallimento a cui sarebbe stata condannata dalle norme contro le multiproprietà (Claudio Lotito, che aveva portato il club in A, nella stessa categoria è già proprietario della Lazio) – Milan, dicevamo, domenica sera, confessava candidamente che né lui, né Iervolino sono uomini di calcio. Ecco, proprio questa ammissione avrebbe dovuto pesare nel momento delle scelte. Invece si è spesso agito di pancia, affidandosi e fidandosi del proprio istinto, lo stesso che ha fatto di Iervolino uno degli imprenditori più facoltosi del Paese grazie all’intuizione che ha dato vita all’università telematica Pegaso.
TUTTO COMPLICATO - Eppure, ancora a maggio 2023, la squadra festeggiava la seconda, brillante salvezza nel massimo campionato, conquistata con Paulo Sousa in panchina. Era la squadra di Candreva, Piatek, Dia, capace di battere l’Atalanta e di guastare al Napoli la festa scudetto in casa sua, al San Paolo. Era una squadra, quella Salernitana, che con pochi ritocchi e un progetto tecnico e industriale preciso avrebbe potuto imboccare la strada già percorsa dall’Udinese, forse, chissà, perfino quella della stessa Atalanta. Invece, la scorsa stagione, la seconda di fila in A – mai successo nella storia della Salernitana – i granata si presentano con un attacco formato da improbabili carneadi pagati pochi spiccioli (Ikwuemesi, Trivante Stewart) e una squadra chiaramente indebolita in tutti i reparti. Le avvisaglie di quel che sarebbe successo si erano colte già nel ritiro estivo di Rivisondoli, quando il presidente si lasciò andare a un’amara considerazione: "A Salerno sembra sempre tutto tremendamente complicato".
POLITICA CONTRO - Eccolo, dunque, il nodo di tutta la questione: le invidie sottili, le manovre nell’ombra, le amicizie-inimicizie partitiche e correntizie, insomma l’opacità e farraginosità politiche tipicamente italiane, hanno finito per fiaccare l’entusiasmo di Iervolino, uno che, alla grande considerazione di sé, unisce la concretezza e rapidità decisionale proprie dell’imprenditore. La cartina di tornasole dello sprofondo granata è l’immagine desolante della Curva Nord dell’Arechi, chiusa da vent’anni per un problema di tornelli (!) a eccezione di una porzione dell’anello inferiore messa a disposizione dei tifosi ospiti. Quei gradoni capaci di ospitare settemila persone e invece vuoti e silenziosi, sono lo specchio dell’inefficienza politica e burocratica. In soldoni: i progetti e le richieste di Iervolino (gestione diretta dello stadio, riapertura della Curva Nord, concessione di terreni per la costruzione del centro sportivo) sono stati accolti in minima parte, quando non respinti, dalle amministrazioni locali. Ora è in ballo la ristrutturazione dell’Arechi, e i rapporti tra Iervolino, il presidente della Regione, Vincenzo De Luca e il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli, emanazione politica dello stesso De Luca, sembrano essere più sereni. La frittata intanto è fatta, tra tentativi di vendita della società nei mesi passati e scelte dirigenziali e tecniche sbagliate, delle quali è responsabile in primis lo stesso Iervolino, reo di essersi fidato di amici-consiglieri-avvocati che, proprio come lui (e Milan) di calcio sanno poco o nulla.
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