L'ex difensore della Salernitana Claudio Grimaudo è il protagonista del nuovo episodio di 'Vianema', podcast ufficiale del club granata: "Il soprannome 'Cavallo Pazzo'? Mi hanno detto che è nato da un tifoso che si trovava sulle gradinate, vedendo che facevo avanti e indietro per il campo. Avendo capelli lunghi, scorrazzando su un campo verde come un pazzo mi ha dato questo nome, come se fossi un cavallo imbizzarrito. Mi rispecchio tanto in questo soprannome".
Sul suo arrivo a Salerno.
"Arrivavo dal Licata, piazza più piccola di Salerno ma comunque abbastanza calda. Mi portò Sonzogni, mi avevano già parlato della piazza, che era esigente. Le piazze calde mi danno stimolo. Arrivai in un momento particolare, c'era un problema societario con Casillo, che non vedevamo mai. Si arrivava da una retrocessione dalla B. Incontrai il segretario Abagnara, grande personaggio. Si parlava delle case, dove andare ad abitare, mi propose delle villette a Casa Manzo o Parco Arbostella, io però essendo un siciliano del popolo chiesi di trovarmi un appartamento nelle borgate. Questo mi ha aiutato, mi ha fatto conoscere la gente e mi sono fatto conoscere, si parlava di calcio con le persone, questo per me è fondamentale. Sono stato a Pastena, Mercatello, Torrione dove è nata mia figlia Federica ed è un onore. Sono stato bene, ho un ottimo rapporto con la gente, con parecchie persone ci sentiamo ancora. Questo mi rincuora. Ho mia moglie Rosa che è salernitana, mio figlio Andrea e i miei suoceri".
A Salerno tanti buoni campionati ma anche uno più difficile, quello del 96/97, simile a quello attuale.
"Dopo la promozione in B e due quinti posti ci siamo ritrovati un po' spiazzati per quell'anno. Era andato via Colomba ed era subentrato Varrella. Noi 'senatori', Tudisco, Pisano capimmo che la situazione anche nello spogliatoio non andava, c'era qualche muso lungo. Facemmo un po' di chiarezza, in quel momento eravamo salernitani, ci tenevamo alla piazza e per tutto ciò che avevamo fatto in passato per Salerno dovevamo dare una scossa per tirarci fuori da quella situazione. Dopo anni bellissimi la piazza non meritava la retrocessione, chiarimmo nello spogliatoio cosa non andava. I musi lunghi sparirono e cominciammo ad essere più presenti e attivi anche negli allenamenti. Quando ci sono questi periodi bisogna chiudersi nello spogliatoio, guardarsi negli occhi e capire cosa non va, dicendo le cose in faccia. Quando sai che c'è una piazza che vive per te, vive i momenti belli e brutti con te devi fare di tutto. Salerno merita tanto, i tifosi giocano insieme a te, ti fanno sentire importante, vogliono soltanto che tu ricambi sudando la maglia. Nel calcio si perde e si vince ma l'importante è dare tutto. L'affetto non te lo fanno mai mancare".
C'è un aneddoto: Grimaudo che fa i 100 metri con gli stivali da pescatore.
"È uno dei tanti. Certe cose sono fondamentali per fare gruppo. Era una scommessa, Delio Rossi mi diceva che non ero normale. Erano mille metri e li feci in due minuti e 59. Nel primo ritiro con Rossi portavo la radio in campo, me la fece togliere e disse di non portarla più ma io la riportai più volte finchè lui capì che serviva e ci allenavamo con la musica. Altro aneddoto: quando facemmo il torneo anglo-italiano a Londra scoppiò un 'incendio', il giorno dopo dovevamo giocare con lo Stoke City. In camera con me c'era Logarzo che dormiva, era l'una di notte e io ero ancora in tuta, accesi dei fiammiferi e iniziò a suonare l'allarme. Ci chiamò Carmando dicendoci di scendere perchè c'era un incendio, c'erano anche altre persone nell'albergo e furono tutti evacuati, il dottore col pigiama, Cannella col giubbino di pelle. Pirri venne a chiedermi se dovevamo scendere tutto e gli dissi di sì, allora vidi il piccolino Pirri che scendeva le scale con quel valigione che aveva. È successo un putiferio, senza sapere che potesse succedere una cosa del genere. Arrivano i pompieri che controllano e dicono che è tutto a posto. Mi è dispiaciuto però perchè c'erano anche persone anziane ma io non sapevo potesse succedere tutto quel casino. Il giorno dopo mi chiama mister Colomba e mi chiede sull'accaduto, alla fine si è saputo solo successivamente che ero stato io, non so chi l'ha detto. Ho fatto poi un finto matrimonio al Duomo invitando degli amici, mi avevano pure fatto la busta, tutti eleganti erano andati anche dal parrucchiere. Io tirai fuori un pallone e dissi che era una 'palla'. Ho fatto tante cose ma ho sempre avuto il rispetto dei colleghi perchè anche a loro piacevano questi scherzi. Ho cambiato la stanza al dottore Palumbo pure".
Sei tornato a Salerno per chiudere la carriera.
"Mi chiamò Aliberti. Dissi basta dopo la partita a Genova con la Sampdoria. Stavo giocando poco anche se mi allenavo sempre con professionalità ma sapevo di essere a fine carriera. Ebbi una situazione con Marco Rossi che aveva 21 anni, dopo un pareggio si lamentò delle contestazioni dei tifosi. Gli dissi 'qual è il problema? Hanno ragione a lamentarsi, tu guadagni soldi e devi sudare'. Lui se la prese. Poi ci fu qualche altro episodio anche in una riunione tra giocatori con Cagni. Si parlava dei soldi che guadagnavano i calciatori. Io ero l'ultimo arrivato, c'erano Di Michele, Guidoni. Io dissi al mister che i giocatori dovevano prendersi delle responsabilità, se qualcuno non capiva andava messo da parte. Da queste situazioni capii che quello non era più il mio ambiente, ero abituato ad altre situazioni, e decisi di fermarmi. Volevo fare qualche serata come facevo prima per fare gruppo ma dopo l'allenamento scappavano tutti. Dissi a Sonetti che volevo smettere ed era dispiaciuto, disse che altri compagni dovevano fare quella scelta ma non io. Venivo da un calcio di fame e passione e non era più così".
Su Breda.
"Felicissimo di averlo rivisto. Abbiamo parlato tanto dei vecchi tempi, degli scherzi che lui si è subito ricordato. Lui era il capitano, era più in disparte".
Un consiglio in questo momento di difficoltà della Salernitana.
"Col Frosinone c'erano 18 mila spettatori, i tifosi ci sono, sempre presenti. Breda è molto attaccato a Salerno, è il primo che ci sta male. Fa l'allenatore ma il suo rapporto con Salerno è unico anche se il passato è passato. Non è facile fare l'allenatore. Gli errori poi vengono dal passato, da due anni ormai. È venuto per cercare di salvare questa situazione, in questo momento bisogna stare più uniti che mai, buttare via le critiche. Ho sentito anche di cambiare l'allenatore, ma chi c'è adesso? Forse era più giusto a suo tempo far rimanere Martusciello, che a me piaceva, aveva un gioco offensivo. È difficile quando si cambia troppe volte mister, ognuno ha le sue idee e si crea confusione. Quando ci siamo salvati nel 96/97 abbiamo avuto l'apporto del pubblico, è stato il dodicesimo uomo in campo".
La top 11 di Claudio Grimaudo.
"Dovrei mettere 11 Grimaudo. A parte gli scherzi, partendo dalla fascia sinistra metto Vittorio Tosto, grande terzino, grande persona e grande professionalità. Saltava l'avversario con facilità, aveva un bel calcio. In porta il pazzo Chimenti, nel senso buono del termine. Al centro della difesa metto Mario Somma. Il primo anno che venni c'era lui, ho visto un leader, testa alta, grandi chiusure, rapido. Mi ha entusiasmato. Al suo fianco Iuliano. Piedi zero ma grande centrale difensivo, molto forte. A centrocampo il nostro capitano Roberto Breda, era un allenatore in campo. Sapeva guidare la squadra, guardava tutto e tutti. Le mezzali Ciccio Tudisco, elegante, testa alta poi Giovanni Tedesco, centrocampista aggressivo, di inserimento e più di interdizione. Largo a destra Ricchetti, insieme a Tudisco è stato fondamentale per me, entrambi mi permettevano di andare avanti perchè mi coprivano. I tagli che faceva Ricchetti li amavo, difficilmente anche adesso vedi giocatori così. Poteva giocare tranquillamente in A. Sulla sinistra ce ne sono due o tre che mi ispirano, per fantasia metto Ighli Vannucchi. All'improvviso ti inventava qualcosa. C'è pure Strada che è più elegante. Poi il centravanti, in carriera ho giocato con grandi attaccanti come Silenzi e Protti ma Giovanni Pisano mi ha proprio fatto divertire, rompeva le scatole agli avversari. Attaccante d'area di rigore, che all'improvviso si buttava e prendeva la palla senza che tu te ne accorgessi. Era opportunista, faceva prendere ammonizioni agli avversari perchè li innervosiva, sapeva proteggere palla. Giocatore completo, grandissima persona e poi faceva gol. Manca il terzino destro. Devo essere però sincero, fino ad ora di giocatori come me non ne ho visti. Mi conosco, so che giocatore sono stato. Ci sono giocatori come Galeoto o Del Grosso ma merito di stare in questa squadra".
Vi siete divertiti e ci avete fatto divertire.
"Eravamo una famiglia, ci siamo divertiti in tutti i ritiri. Tutti quelli che arrivavano poi erano sempre i benvenuti. Una squadra si crea a luglio non con i cambi che fai ogni tre mesi. Quando c'è il calciomercato poi ne puoi cambiare due o tre ma la famiglia si crea a luglio. SI deve dare fiducia all'allenatore e ai giocatori. Bisogna essere una famiglia in cui si va tutti d'accordo. Il giovedì ci trovavamo insieme alle nostre famiglie poi. Grande merito anche al presidente Aliberti, che era veramente un tifoso della Salernitana. Era sempre al campo, sempre presente. I social oggi forse hanno un po' distrutto l'ambiente calcio. Ora si vedono calciatori con le cuffie, col telefonino. Io arrivavo al campo con la bava alla bocca. Caricavo anche i miei compagni. Altri aneddoti: quando arrivava l'arbitro per scendere in campo certe volte attaccavo le maniche delle magliette dei miei compagni. Poi prima della finale con la Juve Stabia, faccio un fotomontaggio, la testa di Delio Rossi su un corpo da donna con reggiseno e mutandine. Lo metto alla lavagna. Entra il mister, lo guarda e si gira dicendo 'questo è Claudio'. Si mister gli rispondo io, tutto a posto. Vinciamo 3-0".
Una dedica finale alla Salernitana.
"La Salernitana non si discute. È stata anche il mio trampolino di lancio sotto tutti i punti di vista. Per Salerno ho rifiutato Roma nel 95, mi voleva Mazzone che mi aveva visto dopo una partita ad Ascoli. La Salernitana chiedeva tanto per me e io rimasi senza dire niente. L'anno successivo dopo una gara in casa col Cesena andai col mio procuratore Baldini a cena con uno del Siviglia che aveva già il contratto pronto. L'allenatore era Camacho, aveva visto delle videocassette e mi voleva. Anche in quel caso la Salernitana non ha voluto cedermi. Anche in quel caso non dissi niente perchè stavo bene a Salerno. È ovvio poi che sono treni che passano solo una volta nella vita ma davvero non ho rimpianti. Il mio cuore è sempre salernitano".
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