Credo nella bontà tecnico tattica di Davide Nicola. Credo ancora di più - e non l'ho mai nascosto - nell'operato di Morgan De Sanctis e del suo braccio destro Simone Lo Schiavo, che stimo dai tempi ormai lontani della sua Serie C. Credo anche in Danilo Iervolino, che con il tempo ha fatto rivedere la mia critica posizione sul suo agire. 

Ecco, con questo incipit, che  ricorda molto (volutamente!) uno dei miei film preferiti, Radiofreccia, che vi invito a vedere qualora non lo abbiate fatto, voglio iniziare una riflessione forse più umana ed emotiva che di campo. Io non sono affatto favorevole all'esonero facile, credo da sempre che la categoria degli allenatori meriti maggior rispetto, perché, in un calcio italiano ormai solo figlio dei risultati, i mister sono sempre troppo facilmente il capro espiatorio dei momenti difficili, sono coloro che pagano per tutti, sono l'alibi a ogni situazione: si tende a dimenticare che sono persone, no bersagli esposti. Ma è evidente che a Salerno qualcosa si sia rotto, probabilmente anche nello spogliatoio (le parole dell'agente di Sepe e Kastanos, Giuffredi, mi hanno lasciato qualche pensiero di troppo). E, con pazienza ed educazione, l'esonero di Nicola poteva starci. Semplicemente perché alle volte dei cicli finiscono. 

Irrispettoso diventa invece il comportamento del presidente, che, scavalcando tutti e ascoltando le "suppliche" del trainer (ma davvero era necessario andare a parlare con Iervolino?), lo ha richiamato in panchina, sostanzialmente destabilizzando un ambiente già agitato. E ora spiego il perché. Sia chiaro, le mie parole non sono verità assoluta ma solo Semplici (chissà se un aggettivo può diventare un cognome!) pareri personali. Però: richiamare un tecnico già esonerato vuol dire dargli massima fiducia, credere più nel suo lavoro che in qualsiasi altra cosa. A questo punto, vada come vada, si termina la stagione con lui. Non si decide mai di rimetterlo sulla graticola, ma neppure in caso di altre mille sconfitte, altrimenti si rischia di dare l'impressione di non aver mai avuto un reale progetto in testa: e questo, forse, pesa più di tutto il resto. Perché le stagioni possono anche raddrizzarsi, la fiducia si fa prima a perderla che a conquistarla. E infatti la piazza è in subbuglio, chiede di salvare la dignità. In modi magari meno garbati dei miei, ma il concetto è nella sostanza questo. Gli spettacolini, le operette, lasciamole al "Verdi".

Sezione: Editoriale / Data: Mer 25 gennaio 2023 alle 00:00
Autore: TS Redazione
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