Ci risiamo, è di nuovo ribaltone tecnico in casa Salernitana con Breda che saluta e fa posto a Marino, chiamato al capezzale granata per compiere l'impresa sportiva chiamata permanenza in serie B. Ad inizio stagione, pur con i tanti segnali preoccupanti che giungevano dalla società, era assai difficile ipotizzare che a sei giornate dal termine del campionato cadetto la Bersagliera avesse più di un piede in terza serie. Nulla nel calcio è però casuale, specie nell'ambito di competizioni che si sviluppano sul lungo periodo, e alla fine ci si ritrova a raccogliere quanto si è seminato. Dall'allontanamento di Paulo Sousa in poi in casa granata la parola programmazione è stata del tutto sconosciuta, con il vertice che si è abbandonato a scelte di difficile comprensione, spesso contraddittorie e aventi come minimo comune denominatore il risolvere problemi impellenti e il contenimento dei costi.
Quando si opera sempre in emergenza e per rispondere a problematiche di attualità significa che tutto fai fuorché programmare e pianificare mosse e strategie. In principio, dopo la retrocessione anticipata dalla serie A, anziché disegnare in anticipo la Salernitana dell'anno successivo, si è data priorità assoluta all'esigenza di vendere tanto e bene, nonché di tagliare il più possibile a livello di monte ingaggi. La scelta di Petrachi, abilitato ad operare in uscita ma mai anche in entrata, finisce per leggersi come bisogno di un ds esperto che abbia contatti, rapporti ed esperienza utile a piazzare sul mercato atleti difficili da collocare. Nelle scelte di mercato nulla si è ravvisato in merito ad un obiettivo di ricostruire e aprire un ciclo pluriennale credibile ben di più del risibile piano triennale per ritrovare la massima serie.
Tanti prestiti , tante scelte ricadute su atleti in regresso di carriera, senza squadra o reduci da seri infortuni già di per sé erano segnali più che allarmanti, e se poi a ciò aggiungi la propensione a resettare e ripartire con altri timonieri a bocce in movimento il quadro sì che si completa. Il filo conduttore degli ultimi due anni pare proprio sia il cercare di riparare ad errori con rimedi che si rivelano alla prova dei fatti peggio del male da curare. Errori che chiamano errori, proprio per l'agire in emergenza e sotto pressioni varie. A dicembre Iervolino esonera Martusciello e arriva Colantuono, una scelta interna quando all'epoca erano liberi e disponibili allenatori importanti in grado di fare svoltare la stagione. Sostituire un tecnico che aveva dato un gioco e una identità alla squadra con Castori, per fare un nome a caso, avrebbe avuto un senso, farlo con il responsabile del proprio settore giovanile, da anni fuori dal valzer delle panchine e riciclato più volte a Salerno, ne ha avuto un altro.
Dopo la caduta di Catanzaro Colantuono si dimette, Petrachi viene esonerato e arriva Valentini, ds in orbita Gea che porta con sé Breda, bandiera Granata ma non certo un sergente di ferro, né un tecnico noto per dare gioco e identità forte alle proprie squadre. È storia dei giorni nostri lo sbarco di Marino, un timoniere di lungo corso, indubbiamente esperto ma anche lui reduce da alcune ultime esperienze assai deludenti e da anni fuori dal giro che conta. Il trainer siciliano può apparire oggi con una metafora il classico timoniere esperto preso per navigare a vista nel mare tempestoso, senza GPS, bussola e tecnologie di supporto varie. Il poco tempo a disposizione per cambiare un andazzo pericoloso, un certo disorientamento di una squadra frustrata nel morale e una società non certo forte alla voce presenza e supporto sono tutti fattori che concorrono a rendere arduo il compito del nuovo allenatore della Bersagliera.
In questo ennesimo momento in cui la società campana ha optato per navigare a vista con un obiettivo di brevissimo termine, va, però, detto, che Marino ha poche alternative e deve avere chiaro come e dove intervenire. La Salernitana non va stravolta, soprattutto nei meccanismi difensivi di una difesa a tre ben schermata da una coppia di mediani come Amatucci e Zuccon in grado di dare equilibrio, ma va rinforzata, se non ridisegnata, in attacco, dove il piatto piange sia per occasioni create che per reti realizzate. Compito numero uno per l'ex guida tecnica dell'Udinese formato europeo sarà proprio rivitalizzare il reparto offensivo del cavalluccio marino, magari con il tridente puro o attenuato dalla presenza sugli esterni di un centrocampista offensivo come Soriano o Tongya, magari con il trequartista libero di creare dietro due attaccanti veri. Dipenderà dallo stato di forma dei calciatori e dalle caratteristiche degli avversari, ma elementi come Braaf, Wlodarczyk e pure Simy potrebbero rientrare in gioco dopo la naftalina assoluta nella quale erano stati relegati da Breda.
Attaccare senza perdere troppo in solidità sarà la missione di Marino già dalla prima finale contro il Sud Tirol di Castori. Il calendario induce a sperare e sarebbe davvero delittuoso non crederci e provarci fino in fondo con cinque scontri salvezza su sei, con Sud Tirol, Mantova e Cosenza avversari alla portata all'Arechi e trasferte sul campo di un Cittadella che le perde quasi tutte al Tombolato e di una Sampdoria in crisi nera. La trasferta di La Spezia potrebbe essere meno difficile se la classifica dei liguri sarà tale da indurli a risparmiare energie per i play-off da favoriti, e comunque al Picco ha fatto poco tempo fa bottino pieno il non certo trascendentale Brescia. Dodici punti potrebbero davvero bastare a restare in serie B e scacciare il peggiore degli incubi sportivi della piazza salernitana, poi sarà il tempo delle riflessioni e pure dei processi.
Al momento tutte le risorse devono essere concentrare sulla sei battaglie rimanenti e mister Marino è giusto abbia massimo supporto, così bene ha fatto il pubblico granata a promettere sostegno incondizionato fino alla fine. Una cosa, però, la diciamo perché sono svariati mesi che osserviamo una lacuna grave in società e la stessa è lungi dall'essere colmata. Alla Salernitana manca un vero uomo di calcio, una figura forte e di riferimento che sappia gestire tutto e tutti, che faccia mercato a livelli importanti e che riesca a fungere da stimolo per chi va in campo e per chi allena così come ad assorbire tensioni e negatività proprie degli eventuali momenti difficili. La Salernitana, in una parola, è priva di un direttore generale navigato e di personalità e, del resto, senza tornare indietro con la memoria, basta rammentare l'ultimo ciclo vincente della Bersagliera dalla serie D alla A per darsi risposte e trovare conferme a riguardo.
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