Quando mancano due giorni ad una partita assai sentita su entrambe le sponde, in città non si respira affatto quel clima che caratterizza tutti i derby contro gli storici rivali del Napoli. Certo, battere gli azzurri ci regalerebbe una grande gioia e tutti sogniamo lo sgambetto ai danni dei quasi ex campioni d'Italia. Tuttavia fa riflettere questo disinteresse generale che sancisce il calo di interesse attorno alla Salernitana. Non si abbia paura di dire che la quasi certezza della sconfitta, scaturita dall'assenza di rinforzi, pesa sulla testa di ogni singolo tifoso. Affrontare questo Napoli in caduta libera con un solo centrocampista a disposizione, un attacco che faticherebbe in cadetteria e la stessa difesa che prende mediamente due gol a partita è un delitto sportivo che fa mordere i gomiti, quasi come se ci si consegnasse all'avversario dando per scontato un risultato che invece vorremmo restasse in bilico fino alla fine. E' vero, ad aprile i motivi per vivere il derby con totale carica agonistica erano tanti. La squadra di Sousa incarnava i valori della gente, c'era un presidente che trasmetteva entusiasmo e, soprattutto, si voleva rovinare la festa a chi gestì calendari e date a piacimento senza tener conto delle esigenze di un avversario accolto male a Fuorigrotta e visto come vittima sacrificale e ospite sgradito di una festa già preparata.

Ormai quel Napoli lo scudetto lo aveva vinto, soprattutto grazie ai demeriti delle altre, ma non leggere nell'almanacco l'accostamento Salernitana-data del trionfo fu una bella soddisfazione sportiva. E anche loro, e non lo ammetteranno mai, avrebbero avuto maggior piacere a celebrarlo in casa a cospetto di undici calciatori granata piuttosto che nella fredda Udine in un turno infrasettimanale. Ad ogni modo sarebbe stato un bel segnale andare lì con 3-4 innesti di spessore dopo aver "sacrificato" il doppio scontro ravvicinato con la Juventus. Al di là dell'operato discutibilissimo di Guida e di una gestione impari della gara, probabilmente la Salernitana avrebbe fatto risultato se avesse avuto una panchina lunga e non qualche ragazzino della Primavera. Inzaghi, da quando è arrivato, convive con l'emergenza e dare identità e gioco a una squadra in queste condizioni è un merito. A questo punto ci auguriamo che, salvo clamorosi ribaltoni, non venga più messo in discussione e che sia lui a giocarsi la salvezza fino alla fine.

La riflessione sul mercato, comunque, non cambia. Fiducia in Sabatini e nella voglia di Iervolino di evitare una retrocessione che sarebbe soprattutto una sua sconfitta personale, lui che è imprenditore di successo e che certo non vuol legare il suo nome a un fallimento sportivo. Senza contare, paracadute a parte, il dramma economico per il salto all'indietro. Speriamo, dunque, che si allarghino i cordoni della borsa e che non arrivino solamente giovanotti di belle speranze che prendono poco. Un grande centrocampista, un grande centrale difensivo e un bomber sono minimo sindacale per una squadra, lo ricordiamo, ultima in classifica e che rischia di preparare lo scontro diretto col Genoa con un distacco dalla zona salvezza più ampio. Si è perso già troppo tempo e siamo quasi a metà mercato: si può andare a Napoli con Sfait, Botheim, Stewart e Ikwuemesi e con un solo centrocampista?

Sezione: Editoriale / Data: Ven 12 gennaio 2024 alle 00:01
Autore: Maurizio Grillo
vedi letture
Print