La redazione di TuttoSalernitana ha avuto il piacere di interagire con il direttore sportivo del Cittadella Stefano Marchetti, uno dei professionisti più stimati e competenti della categoria autore di quello che, da più parti, viene indicato come un autentico miracolo e "mistero" sportivo. Parlando con lui, tuttavia, si capisce perchè una realtà non grandissima, che opera con budget limitato puntando sui giovani e cedendo i migliori, sogna la serie A e spera di raggiungerla quanto prima dopo averla sfiorata ai playoff per cinque anni di fila:
Che partita ci dobbiamo aspettare?
"Premetto che, potenzialmente, la Salernitana è una squadra che ha tutto per occupare quel posto in classifica. Organico fortissimo, rosa ampia, allenatore preparato che cura ogni dettaglio e che fa del temperamento le sue qualità migliori. Non mi stupisco, per noi sarà un banco di prova importante e non possiamo assolutamente permetterci di sottovalutare la compagine di Castori. Può essere una bellissima partita o una gara tra due squadre che si studiano e attendono. In campo ci saranno valori importanti, la Salernitana è una corazzata costruita per vincere il campionato, gestita da un direttore sportivo preparato come Fabiani e da un allenatore che stimo moltissimo".
Quanto il Covid mette a rischio il futuro del calcio?
"Noi siamo molto sereni. La pandemia ha devastato tutti, ma credo che saper gestire bene le cose consente di non andare in difficoltà nell'emergenza. Chi opera bene porta la barca in porto, il Cittadella sotto questo punto di vista ha una gestione molto oculata e intelligente. Mai fare il passo più lungo della gamba. Sappiamo benissimo che spendiamo molto meno rispetto alla Salernitana e a tutte quante le altre, ma cerchiamo di sopperire con capacità e programmazione. Quando prendiamo gli impegni sappiamo che possiamo assumerli".
In tanti parlano di Marchetti come un autentico fenomeno, qual è il segreto per essere un grande direttore sportivo pur non avendo milioni di euro da spendere?
"Ringrazio tutti per i complimenti. Il Cittadella mi dà la possibilità di fare delle scelte precise, acquistiamo calciatori che giocano nelle categorie inferiori, spesso sconosciuti, e una piazza tranquilla permette di farli crescere anche attraverso gli errori. Quando non c'è l'obbligo di vincere subito puoi portare avanti questo progetto, a volte le tifoserie dovrebbero capire che le sconfitte vanno digerite e analizzate in modo diverso. Facciamo l'esempio di Gargiulo: inizialmente non era prontissimo, ha sofferto la categoria e sembrava in difficoltà. Oggi sta facendo la differenza. In altri ambienti, magari, si sarebbe bruciato e avrei dovuto cederlo".
Come mai non c'è stato ancora il salto in A? C'è chi dice che, per quanto ormai splendida realtà, sarebbe un passo più lungo della gamba per una realtà piccola come quella del Cittadella...
"E' una domanda che mi faccio anche io. Da cinque anni disputiamo i playoff, sottolineo che due anni fa siamo arrivati a 20 minuti dalla serie A nel derby col Verona. Per tanti motivi non ce l'abbiamo fatta. Noi ci riteniamo pronti per la serie A, pur rappresentando una realtà piccola. C'è una proprietà seria, investiamo nelle infrastrutture, rinnoveremo lo stadio e stiamo lavorando per porre delle basi importanti. Il Cittadella non può programmare la serie A, ci può arrivare attraverso un percorso di crescita. Ogni anno dobbiamo vendere qualche giocatore, se arrivano richieste di categoria superiore cerchiamo di accontentare tutti. Ma vogliamo giocarcela, fino alla fine. Nelle finali e nelle semifinali abbiamo tanto da recriminare, ricordo espulsioni che gridano vendetta ma siamo piccoli e nessuno lo fa notare. Quando perdiamo l'analisi è sempre la solita, ci dicono che non siamo adeguati al massimo campionato. Ripartire da zero non è mai semplice, ma il presidente è serio e sappiamo in quale direzione stiamo andando. Lotteremo fino alla fine, su questo non c'è ombra di dubbio. Forse è mancata anche l'esperienza nella gestione di certe gare".
Caso Cosenza, una B che perde credibilità?
"C'è una tragedia umana, difficile da gestire. La pandemia ha fatto dei danni irreversibili sotto tutti i punti di vista. Quanto al lato sportivo, vedo un campionato in grossa difficoltà. Pensate che noi abbiamo fatto i tamponi stamattina e non possiamo restare tranquilli fino a quando non arriva il verdetto. Per il mister diventa difficile anche fare le convocazioni, viviamo nella paura e nell'incertezza. E' complicato barcamenarsi in un contesto che mai avremmo pensato di vivere, ma il calcio deve andare avanti perchè ci sono enormi interessi. E' chiaro che l'errore, di tutti, è sempre dietro l'angolo, anche stabilire delle regole non è mai facile. Si vive alla giornata, mi auguro che arrivi presto il vaccino. Giocare senza pubblico è una tristezza infinita, immaginate la partita di domani: stadio pieno, partita bella tra due squadre che giocano al calcio, anche condividere una sconfitta o una vittoria con la gente è ben diverso. Ora ho capito ancora di più quanto il pubblico sia importante, invece lo è. Abbiamo proprio bisogno della tifoseria, così come i tifosi hanno bisogno del calcio. Magari con un Var in più, ma con regole ben precise: ci sono state polemiche anche con la tecnologia in campo".
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