"Restiamo uniti, l'ho detto sempre: ho fatto una squadra da Coppa dei Campioni". Queste parole erano il mantra di Peppino Soglia, il «presidentissimo» della promozione in Serie B nel 1990 dopo lustri di attesa e della retrocessione dopo lo spareggio con il Cosenza. Fu anche l'imprenditore che volle e pose mattoni per lo stadio Arechi. Amato, tanto: «Lode a te, Peppino Soglia», era il coro della curva nuova del Vestuti. Osteggiato, tanto: gli portarono la contestazione sotto casa, durante un turbolento post partita, contro l'Ischia. Domani «fanno» sei anni che non c'è più. Il 12 novembre 2014, Salerno, i salernitani, la provincia roccaforte granata piansero nella chiesa della frazione Aiello di Castel San Giorgio, insieme alla signora Antonietta, ai figli Gerardo, Francesco che fu vicinissimo alla Salernitana di Lombardi, Alessandro, Nobile e Nunzia. "Ma in realtà eravamo sei figli - dice Gerardo - perché per papà la Salernitana era un'altra sua creatura, cara e amata". Al punto da fare follie, da innamorato pazzo. "Come definireste - ancora Gerardo Soglia - l'ingaggio di Agostino Di Bartolomei, se non pazzia calcistica, moto dell'anima? Di Bartolomei era la bandiera della Roma e il capitano, il simbolo dei romanisti, la loro guida. Papà lo portò a Salerno: ebbe coraggio, cuore, perché voleva il meglio, il massimo. Di Vaio non lo era per la sua città e neppure Gattuso. Entrambi hanno fatto la storia della Salernitana, ma l'ingaggio di Agostino Di Bartolomei fu rivoluzionario per la sua portata, per gli alti contenuti calcistici, tecnici, umani, morali. Avevo 17 anni e Agostino firmò guardando il mare di Amalfi, nella nostra villa di famiglia".

Lo diceva sempre, Don Peppino: "Vincere... superlativo assolutivo". Per lui era superlativo, perché la Salernitana vecchia signora della C doveva assolutamente vincere. E vinse, la Bersagliera. Lo fece il 3 giugno 1990, dopo 90' al piccolo trotto con il Taranto. Peppino Soglia fu portato in trionfo. Tutto cancellato: la contestazione furente contro l'Ischia, le lacrime per la sconfitta casalinga contro il Palermo. In quell'interminabile giro di campo, al cospetto di una città impazzita di gioia, lui era piccolo di stazza ma un gigante, un condottiero fiero, tifoso tra i tifosi. "Non ha mai parlato male di chi lo bacchettava - dice Gerardo - non avrebbe potuto, perché lui era un tifoso. Scaramantico, come tutti i supporter: sempre la cravatta granata, che adesso conservo come un ricordo prezioso, una specie di reliquia".

LA FAMIGLIA Un giorno potrebbe finire nel cassetto di Giuseppe junior, il nipote di Don Peppino. "È nato a Verona ma nell'ultima partita, allo stadio Bentegodi contro il Chievo, gli ho detto ok, vai. Solo allo stadio, unico granata ad esultare implodendo, felicissimo per la vittoria in trasferta. Insomma un figlio d'arte, anzi un nipote d'art"». Lo scorso 3 giugno, Salerno ha ricordato il trentennale della promozione storica in Serie B. Ce ne sono state altre ma quella è nell'anima, «perché era un tappo che saltava, era la fine di una maledizione». Gerardo Soglia spiega: "Fu catartica, perché Salerno e la Salernitana azzeravano, ripartivano e scavavano il solco per fare strada di nuovo nel calcio. Un sassolino, in verità, me lo sono tolto dalla scarpa: dopo quella storica promozione, papà non ebbe il piacere e l'onore di festeggiare insieme agli altri e di unirsi al fiume di gente che invase piazza della Concordia. Il motivo lo conosciamo tutti: mancata intesa con i calciatori per il premio promozione. Fu una ferita che Peppino Soglia si è portato nella tomba ma sempre a modo suo, con contegno e semplicità. A tavola, in famiglia, ha sempre ricordato l'abbraccio con Virno Lamberti che gli gridava Presidè, è fatta... presidè. Fu una interminabile melina in campo, che poi fece spazio ai festeggiamenti negli spogliatoi". Poi ci fu l'amara retrocessione in Serie C, dopo la sconfitta nello spareggio contro il Cosenza, ma nulla è stato vano «perché poi la Salernitana fu ceduta a Casillo, passò ad Aliberti e cominciò l'epopea granata. Da imprenditore non dimentico Lotito. Tutti vogliamo e chiediamo il meglio, ma gestire una squadra di calcio è impresa ardua. Per papà era la figlia, adesso magari sarà nipotina ma contano gli sforzi, la solidità e l'impegno. Tutto questo non può essere disconosciuto, insieme alle capacità".

IL RICORDO Domani ci saranno messe in suffragio: a Salerno alle ore 18, nella Chiesa di Sant'Agostino, ed a Vicenza, dove risiede il figlio Gerardo. A Baronissi, invece, nel rispetto del distanziamento e del Dpcm, i tifosi granata ricorderanno Peppino Soglia e onoreranno la sua memoria. Nella Valle dell'Irno, infatti, c'è un club intitolato a lui. Nella scorsa primavera, durante i mesi di lockdown, il club si è prodigato per raccolte alimentari e ha aiutato diverse famiglie del territorio. Adesso la catena di solidarietà si è di nuovo messa in moto. L'obiettivo è scontato: «Restiamo uniti».

Sezione: News / Data: Mer 11 novembre 2020 alle 22:30 / Fonte: il Mattino
Autore: TS Redazione
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