C'è un momento nella vita di ogni allenatore in cui tutto quello che ha costruito, sudato e sognato negli anni si condensa nella grande occasione della vita. Per Giuseppe Raffaele, quel momento è arrivato adesso si chiama Salernitana. E quando il destino bussa alla porta con un contratto fino al 2027, l'uomo di Barcellona Pozzo di Gotto non esita: "Faremo di tutto per riportare entusiasmo a Salerno".
Ma chi è davvero questo siciliano di 49 anni che ha accettato la sfida più difficile della sua carriera? Chi è l'uomo chiamato a trasformare una retrocessione traumatica in una rinascita epica?
La storia di Giuseppe Raffaele inizia il 5 dicembre 1975 in quella Barcellona Pozzo di Gotto che non è solo un luogo geografico, ma l'origine di una filosofia calcistica. "Per me è impensabile che un calciatore non si diverta quando gioca o si allena: devi sempre ricordarti di quel bambino che calciava il pallone sotto casa con la porta come garage, immaginando il tombino per strada come il dischetto del rigore". Queste parole, pronunciate anni fa, rivelano l'essenza di un uomo che ha fatto del divertimento disciplinato la base del suo credo calcistico.
Dalla gavetta alla Salernitana
"Quasi per scherzo", racconta lui stesso, nel 2006 inizia ad allenare il Due Torri in Eccellenza siciliana. Quel "quasi per scherzo" diventa ben presto una missione di vita. La gavetta è lunga, paziente, metodica: Akragas, Orlandina, la sua amata Igea Virtus. Ogni tappa è un mattone nella costruzione di una credibilità che nel 2018 lo porterà al grande salto: il Potenza lo chiama tra i professionisti.
E qui inizia la leggenda. Alla guida del Potenza ha raggiunto per tre stagioni consecutive i playoff, sfiorando per due volte la Serie B e diventando un idolo della piazza lucana. Non solo per i risultati, ma per il modo in cui li otteneva. Perché Raffaele non è un allenatore qualunque: è un artista che ha fatto della bellezza del gioco la sua bandiera.
Non è retorica, è DNA. Perché Raffaele sa cosa significa costruire tutto dal nulla, senza paracaduti né raccomandazioni. Da attaccante dilettante tra Sicilia e Calabria – Marsala, Igea Virtus, Sciacca, Locri – ha dovuto appendere gli scarpini al chiodo nel 2006 per un infortunio che avrebbe potuto spezzare i sogni di chiunque. Ma non i suoi.
Il maestro degli scacchi e la dama della tattica
Un particolare poco noto ma rivelatore: Raffaele è un appassionato di dama, gioco che ha coltivato sin da giovane. Muovere le pedine sulla scacchiera gli è sempre riuscito bene come adesso riesce a incidere sulle partite, con intuizioni spesso proficue. Non è un caso che questa abilità strategica si rifletta perfettamente nelle sue mosse tattiche durante le partite, dove spesso riesce a cambiare l'inerzia degli incontri con sostituzioni illuminate.
Gli anni hanno forgiato in Raffaele una maturità che traspare in ogni gesto: le delusioni hanno levigato gli spigoli di un carattere naturalmente passionale, mentre le vittorie hanno consolidato una consapevolezza tecnica sempre più raffinata. Nel crogiuolo delle esperienze, tra rimpianti e soddisfazioni, ha affinato quella che forse è la sua dote più preziosa, scritta nel suo DNA siciliano: una capacità di lettura del calcio che va oltre le statistiche, oltre i moduli, oltre tutto ciò che si può insegnare. È l'intelligenza di chi sa ascoltare il respiro di una partita e coglierne l'anima prima ancora che si manifesti nel risultato.
Il credo tattico: Il 3-5-2 come arte
Il modulo preferito di Raffaele è il 3-5-2, un sistema che permette di "stare nella metà campo avversaria" e di esprimere un calcio propositivo. "Il calcio è vita, nel senso proprio che è vivo, devi saperlo ascoltare, perché, sì, ti parla. Non vivo di dogmi, tantomeno di quelli di tipo tattico".
La sua filosofia si basa su principi chiari: pressing asfissiante, recupero alto del pallone, aggressività e dinamicità. "Il nostro calcio si basa sulla dinamicità, sul ritmo", spiega, e i numeri gli danno ragione.
Il miracolo di Cerignola: 67 punti e un sogno sfiorato
L'ultima tappa prima di Salerno si chiama Audace Cerignola, e qui Raffaele sfiora quello che sarebbe stato il capolavoro della sua carriera. In campionato ha conquistato 67 punti con 19 vittorie, 10 pareggi e 5 sconfitte, trascinando una matricola fino alla semifinale playoff poi persa contro il Pescara. Una stagione straordinaria che gli è valsa il riconoscimento di miglior tecnico siciliano 2025 e che ha confermato il suo status di allenatore capace di far rendere al massimo le sue squadre.
La chiamata del destino: Salerno
Ora, davanti a lui, si apre il capitolo più importante: riportare la Salernitana in Serie B dopo la retrocessione che ha spezzato il cuore di una città intera. Il tecnico ha firmato un contratto fino al 30 giugno 2027, un segnale di fiducia totale da parte della società che crede nel suo progetto.
"Sono arrivato da due giorni, ma ho percepito subito una grandissima voglia di riscatto dopo l'amarezza dell'ultima annata", ha dichiarato nella conferenza di presentazione. E le sue prime parole suonano come un manifesto: "Dobbiamo divertirci e far divertire la gente. Voglio una squadra coraggiosa, propositiva, che non ha paura di attaccare l'avversario".
A Salerno ha ora l'occasione di dimostrare che i suoi sogni di "bel calcio" possono sposarsi con le ambizioni di una piazza storica che vuole tornare a sognare. Il tecnico siciliano vanta 181 panchine in Serie C con Cerignola, Potenza, Catania e Viterbese, un bagaglio di esperienza che unito alla sua filosofia di gioco potrebbe essere l'ingrediente perfetto per una delle rimonte più belle del calcio italiano.
La Realtà del Mercato: tra sogni e vincoli
Tuttavia, anche il più visionario degli allenatori deve fare i conti con la cruda realtà del calciomercato. Il direttore sportivo Faggiano ha iniziato la sessione estiva con idee chiare e risolutezza, riuscendo ad assecondare le principali richieste tattiche di Raffaele, senza grossi esborsi. Ha puntato soprattutto su atleti svincolati, ma poi si è ritrovato bloccato dalla solita litania del "prima vendere, poi comprare". Gli errori dei padri (vecchi ds) ricadono sui figli (l’attuale ds). Nel frattempo il mercato è entrato nel vivo e i competitor ne approfittano. I casi Casasola e Tumminiello sono eloquenti: il secondo è una punta formidabile che i granata si sono lasciati scappare, finendo per rinforzare un Benevento che era già molto competitivo di suo. Un regalo agli storici rivali che brucia più di una sconfitta sul campo.
Se neppure con i “prezzi calmierati” della Serie C si riesce a realizzare una corazzata in grado di puntare concretamente alla promozione diretta, allora mister Raffaele dovrà sudare le proverbiali sette camicie per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che si è posto.
I supporters granata si augurano che mister Raffaele riesca comunque nell'impresa di trasformare anche una rosa incompleta in una squadra da primato, dimostrando ancora una volta che il talento può superare anche i bilanci più stringenti.
Ma la società farebbe bene a non dimenticare il vecchio adagio popolare: senza denari non si cantano messe. E considerando che negli ultimi due anni di messe cantate a Salerno non se ne sono più viste - solo veglie funebri per le due retrocessioni consecutive - forse è arrivato il momento di tornare a investire. Altrimenti, anche un allenatore bravo rischia di collezionare altri sogni infranti. E di quelli, in casa granata, ne abbiamo già una collezione fin troppo ricca.
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