La premessa è che quest'articolo potrebbe suscitare un minimo di sorpresa in coloro che abitualmente ci leggono o che conoscono il mio pensiero sulle due tematiche che andremo ad affrontare. Tuttavia alimentare una discussione o stimolare un confronto è l'obiettivo principale quando si firma un editoriale, mettendoci la faccia e assumendosi le responsabilità. E oggi partiamo da un paragone tra Napoli e Salerno che, per la prima volta da quando svolgo questo mestiere, va in direzione partenopea.
Avete visto tutti quanto accaduto di recente al collega Manuel Parlato, professionista che ogni tanto ha anche firmato qualche editoriale sulla nostra testata. Non entrerò nel merito della vicenda: ci sono organi preposti che giudicheranno e l'auspicio è che tutto si possa chiudere nel migliore dei modi. Quello che balza all'occhio, però, è la capacità del popolo napoletano di riconoscere l'attaccamento ai colori sociali e di mostrare gratitudine e rispetto verso chi sa abbinare la deontologia professionale e il senso d'appartenenza.
Da Napoli e dai napoletani, sotto questo punto di vista, abbiamo tanto da imparare. Lì c'è una grande capacità di far fronte comune nei momenti più importanti di una stagione, i salotti televisivi sono popolati da addetti ai lavori, colleghi di caratura nazionale ed ex calciatori, dirigenti o allenatori senza consentire a chi non ha titoli di fare opinione e di strumentalizzare la passione popolare per un momento di vanagloria. Ma, soprattutto, c'è rispetto per chi ha rispetto.
A Salerno, invece, troppe volte è andata in scena una "guerra tra poveri" che ha soltanto fatto il gioco di società inadempienti, degli avversari, di chi aveva tutto l'interesse affinchè la Salernitana perdesse. E' stato bello vedere tutti i giornalisti napoletani tendere la mano ad un collega: dinanzi a certe cose non esiste la "concorrenza", ma un codice di condotta che va oltre il lavoro e tocca l'aspetto umano.
Qui, purtroppo, abbiamo visto l'esaltazione di personaggi squallidi che hanno giocato sulla pelle dei tifosi (alcuni sono per fortuna usciti di scena, forse per la vergogna) a scapito di chi, presente sul posto e guidato anzitutto dall'amore per la Bersagliera, è stato sovente oggetto di critiche, offese, sfottò social talvolta al limite della querela...perchè ha svolto il proprio lavoro. Salerno è ambiente che merita si racconti la verità o è preferibile narrare favolette disegnando bandiere francesi o inventando telenovele sulle cessioni societarie pur di accaparrarsi un like sui social?
Ecco, anche da queste cose apparentemente banali si può capire perchè, nel tempo, la Salernitana non abbia raggiunto i traguardi che i veri tifosi e la curva Sud avrebbero meritato: a Napoli c'è unità d'intenti, si ama la squadra manifestandolo senza problemi e in vario modo (qui invece rischi il Daspo giornalistico se metti un vessillo granata in tribuna stampa) e un giornalista che "difende" Napoli, il Napoli e i napoletani viene ricompensato con un plebiscito popolare e uno striscione all'esterno dello stadio.
A Salerno, invece, i "web"eti e i tifos(ocial) hanno etichettato in tutti i modi chi, due anni fa, faceva suonare un campanello d'allarme. Eravamo le vedove dei romani, i nostalgici di Fabiani, dovevamo andare a mare. Senza dimenticare il tormentone Implenia, messo sul tavolo della discussione in malafede da gente talmente ignorante da stravolgere quanto accaduto pur di diffamare...chi tifa per la loro stessa squadra. Ma i giornalisti che, attraverso tv, siti e testate, sono sempre al fianco della Salernitana, che fanno sacrifici e che hanno un sentimento vero per la bersagliera meritano davvero la gogna soscial?
Tutto questo per collegarci al secondo argomento, che è quello che riguarda Danilo Iervolino. Non ho rapporti con il proprietario ex presidente, l'ho intervistato una sola volta nell'estate del 2022 quando chiese, con un entusiasmo incredibile, di spostare l'appuntamento telefonico di 24 ore "perchè spero di darvi tante belle notizie di mercato, sarà una grande Salernitana. Lo dica ai tifosi, ci divertiremo".
A tutt'oggi, dopo aver ricevuto diversi Daspo dalla sala stampa, risulto bloccato su whatsapp perchè ritenne capzioso un articolo del dicembre 2023 in cui invitavo il club a elencare anche gli incassi e non solo le spese. Legittimo, ci mancherebbe. Il "nemico della società" che, però, la sera stessa avrebbe premiato Milan come dirigente sportivo dell'anno. Tuttavia proprio chi lo ha umilmente criticato (sul piano calcistico, mai umano o imprenditoriale) mentre era di moda l'osanna a prescindere e basandosi su dati oggettivi, oggi prova a vedere il bicchiere mezzo pieno.
Iervolino è stato l'uomo del sogno, perchè ha evitato la cancellazione dal campionato di serie A rilevando la società alle 23:59 di una vigilia di Capodanno mai così emozionante per i tifosi granata. Nella sua prima conferenza stampa toccò tanti temi importanti: dal sinallagma alla necessità di non trattare la Salernitana come un'azienda "perchè ci sono in gioco i sentimenti di migliaia di persone". Passando per la mano tesa nei confronti di giornalisti e tifoseria. Manna dal cielo dopo aver ascoltato dal predecessore i famosi rinfacci sui palloni e il ritornello del "non avete storia".
E in quei due anni ci ha fatto sognare davvero: una salvezza da brividi, un secondo campionato che ha visto la Salernitana schierare Ochoa, Ribery, Candreva, Piatek e Dia spendendo decine di milioni di euro per ritrovarsi a San Siro con tre attaccanti a dominare i campioni d'Italia. Quella squadra, per intenderci, che con Sousa al posto del sopravvalutato Nicola vinse all'Olimpico, rinviò la festa del Napoli ed estromise l'Atalanta dalla Champions con un gol sotto il diluvio al 94' imponendo il 2-2 alla Juventus e dandone tre alla Fiorentina, con tanto di 1-1 con l'Inter prima di Pasqua.
Ecco, da quell'estate Iervolino è diventato l'uomo dell'illusione sportiva. Perchè tutti avevamo la percezione si stesse per entrare in una nuova era: stadio pieno, esodi in trasferta, proprietario facoltosissimo, squadra unita, la prospettiva di un centro sportivo da 90 milioni e le idee Mertens e Cavani che prima potevamo vedere soltanto in fotografia e che già sognavamo sotto la curva dell'Arechi.
E invece, dal post Piazza della Concordia, non si è capito più niente: Sousa verso Napoli, algoritmi, Ikwuemesi, i mal di pancia di Dia, i messaggi in inglese alle società della Premier, il no al dialogo con la piazza, il disastro di Sabatini e l'ennesimo ritorno di Colantuono. Tutto in pochi mesi, dal troppo al nulla in un amen e senza una spiegazione apparente. E quindi Iervolino è diventato l'uomo del disastro. Per la retrocessione peggiore nella storia della A da tre punti, per i record negativi infranti, per le sole due vittorie su 38, per un mercato estivo basato sul "vendo tre e prendo uno, possibilmente in prestito e che guadagni poco", trattando per mesi con la Brera Holdings e rifiutando ogni dialogo con chiunque.
E ora Iervolino è l'uomo del ritorno. Quello che improvvisamente (e pare anche grazie a Milan, Colantuono e Breda) non vuole più vendere, dice no a una figura come Soglia, esulta come un ultras dopo un gol al centesimo minuto e che, dopo Brescia, sarà anche a Carrara. Sta ritrovando entusiasmo e, al netto di un mercato economicamente poco dispendioso e con alcuni buchi palesi che non sono stati colmati, c'è chi dice stia trasformando l'amarezza in uno scatto d'orgoglio che aspettavamo da tempo.
Perchè, al netto di tremila errori sfociati nel rischio serie C, nel primo biennio ha speso tanto fidandosi di chi gli ha fatto dilapidare una fortuna ritrovandosi a pagare milioni di euro per chi, super-protetto da regolamenti opinabili, si sentiva libero di mandare certificati medici (e oggi sta facendo brutte figure altrove), avere mal di pancia o rifiutare ogni proposta di trasferimento. Ai suoi sbagli si sono aggiunti tanti fattori che hanno avuto un'incidenza, ricordiamoci sempre che parliamo di un imprenditore che nella sue attività non era abituato ad avere a che fare con mille persone che chiedono un - civile! - confronto o che avesse una tale attenzione mediatica.
E allora auguriamoci che sia stata una lunga pausa di riflessione, come spesso accade anche nelle coppie apparentemente più solide. Magari, raggiunta la salvezza, da giugno ritroveremo quel proprietario ex presidente che avrebbe tutto per allestire, da subito, una corazzata. Solo abbinando la presenza fisica a investimenti importanti avrebbe un significato ciò a cui stiamo assistendo, con piacere, da qualche settimana. Se invece a giugno riprenderà il ritornello del "prima cedere" sarebbe lecito chiedersi che senso abbia tutto questo. Saremo, insomma, a cospetto di un bivio. Ora, però, pensiamo a salvarci.
E allora forza Salernitana, forza curva Sud, forza Breda, forza Valentini, forza Milan (anche se suona un po' male), forza calciatori e forza Iervolino. Nessuno dimentica ciò che è stato, ma anche il più arrabbiato tra i contestatori preferirebbe Iervolino prima versione piuttosto che il fondo di turno o lo squattrinato a caccia di pubblicità gratuita. Ci salveremo, ce la faremo!
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