Nove punti da recuperare in undici partite, una rimonta che ad oggi pare utopia. Sembra sempre più vicino un epilogo chiaro a molti già da diversi mesi e ormai da diverse giornate il cammino della Salernitana sembra più una Via Crucis verso il Calvario, quello della retrocessione. Uno strazio per i sostenitori granata, encomiabili finanche a Udine, dove hanno sovrastato i tifosi di casa per tutti i 90 minuti, per spingere una squadra ancora una volta smorta e allo sbando.
Sebbene si sia registrato qualche timido segnale di ripresa e il punto smuova una classifica immobile da quattro turni, gli uomini di Liverani non sono stati in grado di far valere la superiorità numerica nella mezz'ora finale, quando avrebbero dovuto azzannare la partita. Non solo, addirittura i granata non hanno mai calciato in porta dopo il rosso di Ebosele, nonostante il palo abbia negato una clamorosa chance per il vantaggio. Era lecito, anzi, doveroso attendersi di più da una squadra che lotta per salvarsi e può contare su un simile supporto anche in trasferta.
Ad aggravare una situazione già complicata, i risultati dagli altri campi, con le vittorie di Cagliari e Verona che hanno spedito la Salernitana a -9 dalla zona salvezza. I numeri non condannano ancora la squadra di Liverani, che per assurdo con due vittorie di fila nelle prossime due gare contro Cagliari e Lecce tornerebbe pienamente in corsa, ma sono le prestazioni, più che i dati numerici, a scoraggiare. Eppure alla Dacia Arena non sono mancati l'impegno e la grinta di buona parte dei giocatori, ma le scarse idee e la drammatica assenza di qualità in mezzo al campo e in zona gol sono emerse in modo sempre più chiaro ed evidente. In queste condizione sembra impresa improba battere due dirette concorrenti agguerrite. Sembra cambiato molto poco, insomma, nonostante a livello di uomini si sia cambiato tanto: ieri in campo i volti nuovi di gennaio erano ben cinque undicesimi, i risultati, però, i medesimi da inizio anno.
In tutto ciò, a peggiorare il momento in casa Salernitana ci pensa l'ennesimo capitolo della telenovela Dia. Il senegalese, rifiutandosi di scendere in campo nel finale della gara coi friulani, ha manifestato ancora una volta una scarsissima professionalità oltre ad aver creato un danno d'immagine non indifferente al club, che è pronto ad adire per vie legali e ha già messo fuori rosa il giocatore, ormai in guerra aperta con la società di via Allende. Ma il vero danno è economico, frutto di una gestione tutt'altro che accorta della situazione Dia. Dapprima un riscatto estivo costato 12 milioni, operazione apparsa sacrosanta dopo i numeri della stagione passata ma che ha di fatto impedito altri investimenti, poi la mancata cessione al Wolverhampton di fronte ai capricci del senegalese, già forieri di cattivi presagi, infine il j'accuse pubblico di Iervolino nella famosa conferenza dello scorso dicembre, modo rivedibile di gestire la questione, vera e propria benzina sul fuoco. In tutto questo marasma, un susseguirsi di problemi fisici veri o presunti che sono costati al giocatore anche la Coppa D'Africa, prove (poche) incolore, i fischi assordanti dell'Arechi e, infine, l'indegna scena della Dacia Arena.
Una situazione nella quale hanno perso tutti: Dia la credibilità e il calore del pubblico granata, la Salernitana un patrimonio economico. Se infatti già a gennaio sono latitate le offerte per il senegalese - le cui ambizioni dovrebbero essere fortemente ridimensionate da questo dato eloquente - resta da domandarsi come possa andare a finire al termine della stagione, specialmente in caso di retrocessione. Un vero e proprio disastro economico che porterà a una clamorosa minusvalenza, un vero e proprio delitto che andava evitato a tutti i costi.
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