La Salernitana vince la prima partita e si rilancia prepotentemente verso la zona salvezza,contestualmente riemergono determinati personaggi che, senza fare nomi (un po' come quando millantavano conoscenze di presunti acquirenti, tutto vergognosamente falso), attaccano chiunque mostrando frustrazione. "Ma come, la Salernitana vince e loro reagiscono male?" potrebbe chiedersi qualcuno, in realtà è tutto tristemente coerente. Perchè Salerno, ormai, è divisa in due tronconi. Da un lato i veri tifosi, quelli che hanno "invaso" Bologna, Torino e Reggio Emilia determinando la rimonta interna col Verona e il successo sul Genoa. Dagli altri gli assidui frequentatori dei social, quelli del galleggiamento volontario, del freno a mano e delle attese infinite che, celandosi dietro nickname e pagine anonime, vivono per destabilizzare l'ambiente. Per fortuna la dirigenza e lo staff tecnico hanno capito da tempo il giochetto e si sono isolati per dare forza ad una squadra che, salvandosi, non solo compierebbe un'impresa epica, ma potrebbe aprire un ciclo senza precedenti e ricco di prospettive. Continuare a pontificare dall'altare social chiedendo giustizia e chiarezza, senza rendere conto alla gente delle fake news volutamente propinate, certifica cattiva fede. La Salernitana, per essere davvero di serie A, ha bisogno di un ambiente maturo e non di personaggi a caccia di popolarità che, purtroppo, usano la Salernitana e la tifoseria per scopo personale. Il pubblico questo salto di maturità lo ha già fatto. Gli ultras, i club organizzati, la provincia, i veri innamorati della maglia granata si sono perfettamente calati nella realtà di una stagione anomala e hanno alzato il volume del tifo soprattutto nei momenti di difficoltà. 45mila persone in quattro gare casalinghe è dato degno delle migliori piazze italiane. Poi c'è un contorno antipatico, una minoranza rumorosa che altro non aspettava che una mancata cessione per uscire allo scoperto e gridare allo scandalo.
La verità è che, senza i tanto bistrattati romani, non c'è nessuna fila dietro la porta per prendere la Salernitana e che Claudio Lotito e Marco Mezzaroma, con tutti i loro difetti, erano comunque sinonimo di garanzia e consentivano ad un progetto sportivo di andare avanti con una realtà di caratura internazionale alle spalle. Per gli haters una succursale, per le persone dotate di buonsenso una opportunità. Se i trustee, professionisti che si sono assunti responsabilità anche penali, rigettano le proposte è perchè, evidentemente, vogliono lasciare il club in mani sicure. Potrebbero tranquillamente lavarsene le mani, affidarla al primo avventuriero squattrinato e poi dire "Abbiamo fatto il nostro, piangetevela voi". Invece c'è la volontà di assicurare un futuro dignitoso ad una squadra che, dopo 22 anni, è tornata in A e deve restarci a lungo per far sognare una platea quanto mai affamata di calcio. Riteniamo che il tifoso debba fare il tifoso. Con un pizzico di preoccupazione, ci mancherebbe, e con la consapevolezza che la deadline del 31 dicembre non è invenzione giornalistica ma realtà concreta e che spaventa. Ancor di più dopo le parole di Marchetti. Ma, a nostro avviso, bisogna fidarsi di gente d'esperienza che, giorno e notte, lavora per chiudere le trattative nel modo più trasparente e intelligente possibile. E allora l'operazione futuro si chiami Spezia-Empoli-Venezia, un trittico che può determinare una stagione e, chissà, incentivare gli investitori grazie ad una classifica interessante. Sosteniamo questa Salernitana, riconosciamo meriti alla dirigenza e allo staff tecnico, rimarchiamo la possibilità di goderci Ribery a Salerno dopo aver disputato il torneo di serie D. Il tempo metterà le cose a posto. Ma il futuro si chiama La Spezia.
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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