Gennaro Tutino è una delle note più liete di questo inizio di stagione in casa Salernitana: le sue prestazioni stanno contribuendo a lanciare la Salernitana in vetta alla classifica di questa Serie B. Per analizzare il percorso di crescita dell'ex Napoli, TuttoSalernitana ha intervistato in esclusiva il suo mental coach, Roberto Civitarese.

Che valore ha una tappa come Salerno all’interno della sua carriera? Cosa può dare alla Salernitana e cosa ricevere da essa?

“E’ evidente che quando un giocatore sceglie una destinazione a discapito di altre è perché questa destinazione è la più adatta per raggiungere i propri obiettivi. Gennaro, come sappiamo, è un giocatore di qualità che sta proseguendo un percorso di crescita: da una parte la Salernitana ha acquisito un elemento importante che può dare un grande contributo con le prestazioni e le reti; allo stesso tempo la società, solida ed ambiziosa, può permettere al ragazzo di fare un ulteriore salto di qualità”.

Sotto quali aspetti, chiaramente mentali, è migliorato Gennaro Tutino da quando lo ha affiancato nel suo percorso di crescita?

“Direi dalla presa di coscienza dei propri mezzi e di come orientarli per il raggiungimento degli obiettivi suoi e della squadra. A volte i calciatori, anche quelli particolarmente dotati dal punto di vista tecnico, non riescono ad orientare le proprie qualità nella maniera corretta. Alcuni non hanno neanche la percezione chiara di tutto il potenziale a disposizione, cosa che rappresenta ovviamente un ostacolo, mentre quelli che ce l’hanno spesso non riescono ad esprimerlo. Penso che sia necessario quindi rendersi conto delle qualità che si dispongono per metterle pienamente al servizio della squadra. Il calcio si gioca a squadre, quindi è normale che il proprio talento vada posto a servizio dei propri compagni”.

Quali sono invece gli aspetti che deve ancora migliorare? Prendiamo in esempio il caso del match con il Vicenza, quando è uscito dal campo corrucciato…

“A volte diamo un’interpretazione non corretta ad episodi del genere. In questo caso il ragazzo, che ha ben compreso che per crescere e migliorare occorre fare la giusta autoanalisi, più che autocritica: la sua reazione è stata dettata dal fatto che non fosse pienamente soddisfatto della sua prestazione, era convinto di poter fare molto di più. L’uscita dal campo è stata sottolineata con disappunto, ma non è stata legata a scelte del mister o altro. E’ chiaro che chi assiste a queste situazioni da fuori non può sapere cosa passa per la testa del giocatore, ma io dopo la gara l’ho sentito e posso affermare che questa non è un aspetto da limare. Sono d’accordo sul fatto che si devono anche tenere in considerazione altri fattori: ci sono il pubblico e le telecamere, non tutti possono leggere una situazione in un modo piuttosto che in un’altra, ma va letta poco in questa chiave. Il giocatore era dispiaciuto della prestazione, avrebbe voluto dare di più. Tre giorni prima aveva contribuito a portare la Salernitana in vetta alla classifica, quindi era normale che ci fosse dispiacere”.

Parlando in maniera generale: che effetto ha avuto il lockdown sui giocatori? Come lo hanno affrontato e come ne sono usciti?

“Solitamente, quando si presentano situazioni improvvise o cambiamenti molto forti come questo, il giocatore ha due possibilità: può cogliere gli aspetti positivi di quella situazione, apparentemente negativa o in ogni caso diversa dalle abitudini, oppure concentrarsi sugli aspetti negativi. Quali sono gli aspetti positivi? Ad esempio, alcuni calciatori che seguo hanno avuto l’occasione, durante l’isolamento, di operare una riflessione approfondita circa la propria carriera o anche soltanto l’ultimo anno o periodo: un’autoanalisi che porta il ragazzo a dare il giusto valore agli obiettivi che si è prefissato. Un mio assistito, da questo ragionamento, ha capito di essere insoddisfatto del proprio percorso e ha lavorato per cambiare e rimettersi in carreggiata, facendo un lavoro su se stesso. In tanti hanno invece approfittato per rimettersi a posto dal punto di vista fisico, affidandosi a personal trainers o magari allo yoga. Poi ovviamente ci sono stati anche momenti di difficoltà. Gli imprevisti vanno sempre affrontati analizzando questa duplice opportunità: uscendone più consapevoli, o lasciandosi sopraffare dalla ‘sfortuna’, è l’approccio a fare la differenza”.

Oggi la figura del mental coach è ancora poco esplorata: come realmente può questa figura professionale aiutare un calciatore a migliorare? Su cosa opera realmente?

“Di solito do questa definizione: il mental coach è un professionista che fornisce gli elementi necessari al calciatore per esprimere al massimo il proprio talento. Sostanzialmente, significa aiutare il giocatore a dare una lettura delle situazioni che capitano funzionale al raggiungimento dei propri obiettivi. Come ho spiegato prima, da ogni situazione si possono cogliere i punti di forza utili ai nostri obiettivi, o in maniera più semplice ci si può ricoprire di scuse o di alibi. Molti giocatori si bloccano su queste cose e auto-creano dei freni che inibiscono lo sviluppo del proprio talento. Il mental coach ha la funzione di evitare la creazione di questi blocchi. Il tutto, chiaramente, si svolge in un rapporto reciproco di fiducia e stima, che ha senso solo se il calciatore ha obiettivi reali”.

Sezione: Esclusive TS / Data: Ven 23 ottobre 2020 alle 20:30
Autore: Ferdinando Gagliotti / Twitter: @Ferdinandogagl3
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