Ogni volta che parliamo con Arturo Di Napoli si ha sempre la sensazione di interagire non con un ex calciatore della Salernitana, ma con un amico. Con uno di noi. Un ragazzo che, spesso in silenzio, ha aiutato la città di Salerno stringendo, nel tempo, dei rapporti umani che vanno al di là del rettangolo verde e che che si sono cementati in quei mesi particolarmente difficili in cui fu scelto come capro espiatorio per celare problemi di ben altra natura. Per fortuna Salerno, a mente fredda, ha capito come stessero le cose e gli ha tributato un applauso fragoroso, quasi di scuse, in occasione della festa promozione con la Casertana: un'immagine da brividi, con il Re che si inchinava a cospetto dei suoi sudditi e 25mila persone in piedi che piangevano di gioia ricordando quella mano battuta sul petto con sentimento autentico e le lacrime agli occhi. "E' vero, il mio rapporto con Salerno è speciale" ha dichiarato ai microfoni di "Cento+2", trasmissione curata dall'Associazione Freedom in collaborazione con la nostra redazione "c'è stato un tempo in cui non potevo uscire di casa perchè la folla mi acclamava, un tempo in cui non potevo muovermi per motivi diametralmente opposti. Sono stato messo in mezzo da qualcuno che pensava di essere più furbo di me, che mi ha fatto litigare con un amico che stimo come Luca Fusco. Non avevamo capito il sottile gioco che c'era dietro alcuni atteggiamenti. Ma per fortuna il tempo è galantuomo e cura tutte le ferite".
Prima della festa con la Casertana "ero teso come se dovessi giocare, avevo quasi paura di accettare l'invito perchè non volevo rovinare la festa". Poi Sasà Avallone lo convinse, forse lo obbligò, sicuro che Salerno e i salernitani non avessero mai dimenticato quell'attaccante che scese di categoria per riportare in alto la città e che, per rispetto della gente, lasciò sul tavolo cifre importantissime mentre qualcuno lo etichettava come mercenario. "Faceva parte del gioco, c'è gente che spende metà stipendio per seguire la Salernitana ed è sempre successo che il calciatore più rappresentativo possa essere fischiato o contestato se le cose vanno male. Ma i miei ricordi di Salerno sono tutti belli e speciali, anche quando le cose non andavano benissimo. Si avvertiva l'amore per la maglia, toccava a me far capire che le voci erano ingenerose e totalmente false. Sul campo ho fatto la mia parte, il gol con l'Ancona è stato l'apoteosi: Fusco mi chiese di inchinarmi a quella curva, nell'euforia generale mi ricordai di quella promessa e ho fatto un gesto di tutto cuore e assolutamente spontaneo. Erano la nostra forza, mancheranno tanto alla Salernitana in queste settimane così come sono mancati sul finire dello scorso campionato. Oggi mi sento quasi un salernitano d'adozione, c'è gente che per strada mi ringrazia: ma sono io a dover dire grazie a Salerno che, quando stavo soffrendo come uomo e non come calciatore, ha saputo prendermi per mano".
Il doppio sogno c'è, però: "Anzitutto vorrei vedere la Salernitana in serie A. E' un campionato difficile, le squadre di Castori si sa che non esprimono un grandissimo calcio, ma il Carpi andò in A così e conta soltanto vincere. Ci sono formazioni forti e accreditate, inserirei anche il Vicenza che non è molto menzionato dagli addetti ai lavori. Ma i granata hanno tutto per regalare soddisfazioni alla gente. Ho poi un altro sogno nel cassetto: allenare la Salernitana, sedermi su quella panchina. Si potrebbe chiudere un cerchio, accantonare il triste ricordo dell'addio e ripartire dai sorrisi di quel pubblico che ha avuto fiducia in me. Io ci spero, ma non voglio arrivarci per grazia divina: devo dimostrare di essere bravo, fare gavetta e ottenere risultati. Poi, chissà...". Intanto, ancora oggi, Salerno ricorda ancora il suo re. E canta con gioia "Arturo fa gol".
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