C'è un momento esatto in cui il sogno si spezza. Per la Salernitana è stato il 68° minuto di una serata che prometteva gloria eterna e si è trasformata nel peggior incubo granata della stagione. Un 2-3 contro l'Audace Cerignola che non è solo una sconfitta: è un trauma collettivo, un harakiri calcistico che ha il sapore amaro del "se solo...".
La Salernitana aveva conosciuto solo gioie in questa stagione. Cinque vittorie, cinque abbracci, cinque volte la sensazione di essere invincibili. Poi è arrivata la notte del 24 settembre, e con essa la lezione più crudele che il calcio possa impartire.
Settanta minuti di pura estasi
Prima che tutto crollasse, la Salernitana aveva dipinto una delle sue opere d'arte più belle. Ferraris al 9° aveva aperto le danze con la precisione di un chirurgo, poi Tascone al 54° aveva messo il sigillo su quello che sembrava un capolavoro granata. 2-0 e il pubblico dell' Arechi già pregustava la sesta vittoria consecutiva, quella che avrebbe consacrato definitivamente questa squadra come la dominatrice del girone.
Il calcio di Raffaele scorreva fluido come il vino del Cilento: pressing alto, ripartenze chirurgiche, una difesa che sembrava una diga invalicabile. Per settanta minuti, i granata hanno giocato come se avessero il pallone incatenato ai piedi, dominando in lungo e in largo un Cerignola che pareva rassegnato alla sconfitta.
Ma il calcio, maledetto e benedetto calcio, non perdona mai chi canta vittoria prima del fischio finale. E’ ritornata alla mente la frase di Trapattoni “Dire gatto quando l’hai nel sacco!”.
L'espulsione che ha cambiato la storia
Il 68° minuto. Galo Capomaggio, il ragazzo che aveva vestito la maglia gialloblù prima di sposare la causa granata, commette l'errore più imperdonabile: un fallo di mano ingenuo. Doppio giallo, doccia fredda per lui e per tutto l'Arechi.
Da quel momento, la partita si è capovolta come un calzino. L'Audace Cerignola ha fiutato il sangue e si è trasformata da agnello sacrificale in lupo affamato. Maiuri ha capito che il destino gli stava offrendo un'occasione irripetibile e i suoi ragazzi hanno risposto presente all'appello della storia.
Il terremoto Emmausso
Michele Emmausso. Un nome che i tifosi granata non dimenticheranno facilmente. Il centravanti pugliese ha trasformato una serata qualunque nella notte più magica della sua carriera, infilando due reti che valgono una leggenda personale.
Il primo gol al 71°: appena tre minuti dopo l'espulsione, come un fulmine che coglie tutti di sorpresa. L'Arechi ammutolisce, i giocatori granata si guardano smarriti, Emmausso esulta come se avesse appena vinto un mondiale. Il secondo, dal dischetto all'89°, ha il sapore della beffa perfetta: trasformazione glaciale, portiere spiazzato, 2-2 e l'incredulità dipinta sui volti di 20mila tifosi granata.
Ma il vero colpo di grazia doveva ancora arrivare.
Frascatore: l'errore che brucia l'anima
Il 98° minuto. Frascatore, difensore di esperienza cristallina, veterano di mille battaglie, commette l'errore che fa male due volte: perché inaspettato e perché decisivo. Un controllo sbagliato sulla trequarti, una palla che rotola verso Cuppone come un invito a nozze. Il resto è storia: 2-3 e l'Arechi che si trasforma in un cimitero di sogni infranti.
Un errore che un giocatore della sua caratura non dovrebbe mai commettere, soprattutto in quel momento, soprattutto in quella situazione.
Raffaele: "Il calcio è crudele"
Gli occhi di Giuseppe Raffaele a fine partita raccontano più di mille parole. La delusione di chi aveva in mano una vittoria che sapeva di capolavoro e se l'è vista sfuggire come sabbia tra le dita.
"Sicuramente l'espulsione ha inciso sul match, ci ha creato notevoli difficoltà in una situazione di stanchezza", le parole del tecnico granata che suonano come un cerotto su una ferita ancora sanguinante. Quattro partite in pochi giorni, le gambe pesanti degli ultimi venti minuti, la superiorità numerica avversaria che si trasforma in un macigno impossibile da spostare.
La vetta resiste, ma a che prezzo
I numeri parlano ancora granata: 15 punti e primo posto confermato, due lunghezze di vantaggio sul Benevento. La matematica dice che non è cambiato nulla, ma chi conosce il calcio sa che certe sconfitte pesano più di tante vittorie. Questa beffa contro il Cerignola non è solo un risultato negativo: è un campanello d'allarme che risuona forte nell'ambiente granata.
La Salernitana ha dimostrato di saper dominare per settanta minuti, ma ha anche mostrato di poter crollare in trenta. In Serie C, dove ogni partita nasconde mille insidie e ogni avversario può trasformarsi nel tuo peggior nemico, questa lezione potrebbe valere oro.
Una notte da dimenticare
Quella contro l'Audace Cerignola resterà una sconfitta che fa male al cuore prima che alla classifica, che lascia l'amaro in bocca e la sensazione di aver buttato via qualcosa di prezioso.
Ma forse, in fondo, anche questo serviva. Serviva per ricordare che in questo maledetto e meraviglioso sport nulla è mai scontato, che ogni pallone va conquistato e che la presunzione è il primo nemico di ogni squadra che vuole vincere.
Ora tocca a Raffaele e ai suoi ragazzi dimostrare di che pasta sono fatti. Perché il calcio, si sa, non aspetta nessuno: domenica prossima ci sarà un'altra partita, un altro campo, un'altra battaglia per dimostrare che questa Salernitana non si abbatte alla prima difficoltà.
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