Riavvolgiamo il nastro e torniamo al mese di aprile, quando il Napoli si apprestava a vincere lo scudetto e poteva acquisirne la certezza aritmetica battendo la nostra Salernitana. In quella settimana accadde di tutto: richiesta di rinvio per organizzare la festa, granata visti come ospiti indesiderati e vittima sacrificale, attacchi da parte di qualche pseudo opinionista e pronostici tutti a favore della corazzata di Spalletti. Salerno, con orgoglio e dignità, seppe rispondere alla grande. Mille persone per l'allenamento a porte aperte, Sousa abile a toccare le corde giuste, altri mille tifosi ad accompagnare la squadra al momento della partenza e striscioni in città per dare la carica giusta pur essendo assenti sugli spalti. E quella squadra, magnifica e battagliera, onorò la maglia come meglio non poteva. Senza abbattersi dopo lo svantaggio e pareggiando con un capolavoro di Dia, prima di rischiare addirittura il sorpasso al 95' con Bohinen. La palla giusta sulla testa sbagliata, verrebbe da dire. A ritorno una marea di persone attese i calciatori per festeggiare la quasi aritmetica salvezza e il punto conquistato in un clima infernale e contro chi era certo di battere a mani basse la Salernitana. L'ammazzagrandi che fermò anche Napoli, Milan, Roma, Lazio e Juventus.
Oggi è tutt'altra storia. Granata ultimi in classifica, prezzi alle stelle, gruppo totalmente spento, Sousa esonerato, prevendita fiacca da Serie C1, entusiasmo zero e rassegnazione mista a indifferenza che quasi spaventano. Sembra passata una vita da quell'1-1 fatto di orgoglio e cuore, invece sono trascorsi appena sei mesi. Chi avrebbe mai immaginato una involuzione del genere, frutto degli errori della presidenza e del direttore sportivo, di quell'incontro segreto tra Sousa e il Napoli e del comportamento dei calciatori che componevano la famosa ossatura. Certamente si sarebbe partiti sfavoriti lo stesso, ci mancherebbe, ma quanto sarebbe stato bello giocare il derby in un Arechi pieno, tutto granata e quel gruppo lì. Quello in cui Ochoa parava tutto, Gyomber annullava Osimhen, gli esterni tenevano testa a "Kvara" e Lassana giganteggiava su Zielinski e Anguissa. Da Napoli gli sfottò non mancano, ora come 180 giorni fa si pensa più ad augurare la serie B ai rivali granata piuttosto che a godersi quel tricolore sul petto che, sic stantibus rebus, è solo di passaggio come sempre accaduto nella storia.
In altri tempi, nemmeno tanto lontani, tutte queste provocazioni avrebbero fatto scattare una scintilla. Invece ogni componente sta vivendo il derby come se si affrontasse un Empoli o un Bologna qualsiasi. Certo, l'allerta meteo e i prezzi da finale di Champions incidono, ma conta soprattutto la paura di spendere 80 euro per assistere a un'altra disfatta. Ed è questa la cosa sulla quale Iervolino è chiamato a riflettere. Sarebbe bastato poco, molto poco, per trasformare l'impresa del Maradona in una meravigliosa ed emozionante normalità. E invece, dopo aver tenuto testa alle big giganteggiando in casa loro, sembra essere tornata la Salernitana modalità trust che partiva sconfitta in partenza. Quella squadra, però, aveva dignità sportiva da vendere. Lo ricordate il derby all'Arechi del 31 ottobre 2021? Tifo tutto granata, assordante, Colantuono che caricò tutti nel pre partita e Gondo, Schiavone, Di Tacchio, Gagliolo, Belec, Strandberg, Kastanos, Djuric e Simy a tener testa alla capolista, perdendo per 1-0 su un errore del portiere una partita che i granata avrebbero meritato ampiamente di vincere. Ecco, già rivedere quell'atteggiamento ci farebbe guardare al futuro della Salernitana con minor pessimismo. Perchè oggi l'obiettivo realistico è arrivare a gennaio rendendo ancora utile il mercato. E solo con cuore, orgoglio e coraggio si potrà ripetere la storia di Davide e Golia. Per entrambe le tifoserie non è una partita come tutte le altre e, se proprio ci si deve arrendere a una maggiore qualità tecnica, ci auguriamo di vedere la formazione di Inzaghi gettare fino all'ultima goccia di sudore, con nessuno a tirare indietro la gamba. Prima uomini, poi calciatori. Ci basta questo.
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