Diciamoci la verità: a distanza di una settimana siamo ancora avvelenati per la sconfitta interna contro il Lecce. Tutti avevamo assaporato la possibilità di goderci la prima sosta della stagione con 10 punti in classifica e un margine di vantaggio importante sulla zona salvezza, con tanto di pareggio allo Stadium dominando per oltre un'ora che rendeva tutto ancora più bello. Invece la Salernitana è scivolata proprio quando nessuno se l'aspettava, nella gara meno indicata per concedersi passi falsi e a cospetto di un avversario tecnicamente inferiore, ma al quale sono bastate un paio di mosse tatticamente elementari per imbrigliare Nicola e riaprire il dibattito sulla lettura della gara, i cambi tardivi e il copione monocorde che rischia di sfociare nella prevedibilità. Ed in effetti potremmo star qui a parlare dei numeri non esaltanti del trainer granata (una vittoria in sette gare, undici prendendo in considerazione la passata stagione), dell'apporto pari a zero di alcuni dei volti nuovi, di un Bonazzoli incupito dopo l'arrivo di Piatek e di un portiere che non riesce mai ad essere determinante, ma riteniamo sia più utile e costruttivo mettere quel maledetto venerdì sera alle spalle e proiettarci alla sfida di domenica prossima con rinnovato entusiasmo e intatto ottimismo.

Perchè nessun ko in casa, per quanto beffardo, può far passare in secondo piano la forza dell'organico allestito da De Sanctis nè il prestigio del progetto targato Iervolino. Salerno è piazza umorale che passa dalle stelle alle stalle nel giro di un secondo, un po' come accade in tutte le città passionali, ma per raggiungere i traguardi stagionali è di vitale importanza formare un corpo unico tra ogni componente che prenda per mano la Salernitana e la spinga come solo questo pubblico sa fare. Certo, non ci iscriviamo al partito di chi parla di "sconfitta salutare, utile a tornare con i piedi per terra": la batosta con il Lecce fa male, rischia di pesare in classifica e ha minato qualche certezza. Da qui, però, a parlare di allenatore in discussione, mercato da rivalutare, panchina scarsa o quant'altro ce ne passa. Perchè quella squadra è la stessa che, in emergenza, ha tenuto testa alla Roma o che ha pareggiato, ben figurando, contro Udinese e Bologna prima di rifilare un poker alla Sampdoria e dominare allo Stadium a cospetto dei campioni in maglia bianconera. Il giusto mix tra entusiasmo, ambizioni ed equilibrio può consentire a tutti di vivere il campionato con la mentalità giusta e con la consapevolezza che l'obiettivo unico è il mantenimento della categoria, fosse anche alla penultima giornata. Certo, se Iervolino parla ancora di decimo posto e zona sinistra è normale che un 2-2 con l'Empoli in casa venga raccontato quasi con delusione. Il patron ha investito 40 milioni di euro e le sue ambizioni sono legittime, a tratti commoventi, ma restiamo fortemente convinti che metterne tre sotto con qualche settimana d'anticipo sarebbe già "tanta roba" dopo un'annata iniziata con trust, trustee e generali e chiusa con uno 0-4 in casa e un avversario senza stimoli che esultava ballando sotto la Sud quasi auspicando la salvezza del Cagliari.

In questa settimana senza calcio si è parlato tanto della vicenda Arechi, della chiusura cronica della curva Nord e della necessità di concedere la gestione dello stadio all'attuale proprietà. Abbiamo rimarcato senza troppi giri di parole che l'intervento a gamba tesa di De Luca è un segnale d'apertura presumibilmente strategico e  che sia necessario tenere la guardia alta per evitare ulteriori perdite di tempo a danno della squadra, dei tifosi e di chi la rappresenta. Il Governatore, dopo un triennio quasi di disinteresse e distacco emotivo, sotto elezioni ha ritrovato improvvisamente entusiasmo per la Salernitana e si è detto pronto ad investire - tardivamente - i fondi del credito sportivo per il restyling di un impianto nettamente trascurato rispetto al fu San Paolo di Napoli checché ne dica qualche personaggio che non perde occasione per gettare benzina sul fuoco. Il messaggio implicito che arriva dalla Regione è chiaro: "Giù le mani dell'Arechi". Neanche il tempo di prendere atto delle buone intenzioni di Iervolino e della predisposizione ad investire somme ingenti per sopperire alle mancanze dell'amministrazione comunale che De Luca è ricomparso sulla scena promettendo interventi a 360°. Sarebbe stato invece più utile e interessante spiegare come mai un settore popolare sia chiuso da quasi 20 anni, come mai basti mezz'ora di pioggia per dover uscire dallo stadio con l'arca di Noè e in che modo si vogliono incentivare le famiglie se per un diversamente abile è una costante odissea.

Notiamo, però, una netta differenza col passato. Fino a qualche tempo fa De Luca era re incontrastato della scena, applaudito all'Arechi e indicato quasi come salvatore della patria nei momenti di difficoltà. Al punto da far passare sotto traccia anche qualche accostamento irriverente e censurabile tra lo storico stemma del cavalluccio e improbabili "teste di somaro". Le celebrazioni per il Santo Patrono, invece, consegnano alla storia uno scenario diverso: da un lato l'indifferenza verso i politici, dall'altro l'applauso convinto per il presidente della Salernitana. Un duro colpo per chi è abituato a stare al centro dell'attenzione, così come per una classe dirigente che, stavolta, dovrà dare conto a decine di migliaia di persone se imprecisate questioni burocratiche freneranno l'ascesa della società potenzialmente migliore della storia. C'è tempo ancora per far prevalere il buonsenso e ragionare in un'ottica diversa, fatta di collaborazione nel totale rispetto dei ruoli. La città europea senza palazzetto dello sport e con un Vestuti che versa in condizioni pietose senza alcun rispetto per le tradizioni e per la gente può crescere solo se si darà modo ad imprenditori seri di lavorare e sviluppare i propri progetti sportivi. Viceversa lo stadio sarà sempre pomo della discordia a scapito della nostra Salernitana e della maglia granata.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 26 settembre 2022 alle 00:00
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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