Ogni volta che la Salernitana ha esordito in campionato, in città si respirava un clima di grandissimo coinvolgimento e trasporto emotivo a prescindere da campagna acquisti, obiettivi, presidenze e categorie. Per la prima volta nella storia, invece, la prima stagionale è passata quasi sotto traccia, nel più totale silenzio. Gli ultras non hanno avuto nemmeno voglia di contestare: indifferenza totale, piazzale antistante l'Arechi desolatamente vuoto, nessun boato quando la Salernitana ha agguantato con merito il pareggio. La paura è quella di assistere ad una sesta stagione anonima, dopo aver rischiato per due volte la retrocessione senza nemmeno assaporare i playoff. Un bilancio troppo misero, quello in cadetteria, per una società che ha affrontato la Reggina consapevole di essere in emergenza. Difensori e attaccanti sono stati ufficializzati praticamente 24 ore prima di scendere in campo, il centrocampo era numericamente e tecnicamente assai inferiore a quello dell'anno scorso, Belec doveva guidare la retroguardia senza conoscere i nomi dei compagni. Certo, il calcio post Covid ha stravolto le abitudini. La sosta pre ritiro durava solitamente un mese e mezzo, oggi tutti sono tornati in campo una settimana dopo lo spareggio tra Spezia e Frosinone. Nessuno, a parte il Monza e la Reggina ferme da sette mesi, ha fatto granchè sul mercato e la super corazzata Lecce ha sofferto in casa col Pordenone senza andare oltre lo 0-0. Ma, fallito l'obiettivo stagionale, era quasi obbligatorio ripartire con una rosa completa, soltanto da puntellare. L'organico oggi necessita di tre pedine di spessore: due grandi centrocampisti e uno esterno sinistro, con la speranza che Belec non faccia rimpiangere Micai (che di errori ne ha commessi tanti, ma in teoria non è inferiore) e che Lombardi possa star bene fisicamente.
Viene difficile parlare della partita e dell'aspetto prettamente tecnico quando la stragrande maggioranza della tifoseria, anche persone con i capelli bianchi abbonate da decenni, a stento ha visto il risultato sul televideo. Un braccio di ferro che non serve a nessuno, due linee parallele che rischiano di non incontrarsi mai perchè ognuno resta sulle proprie posizioni. Ci vorrebbe un dialogo, anche a costo di organizzare un incontro pubblico in presenza di tutte le componenti incisive. Non siamo d'accordo coi tifosi che invocano interventi politici: troppa gente ha già strumentalizzato sovente il dolore sportivo della torcida granata, pensassero a risolvere altri problemi senza sventolare vessilli granata il 19 giugno o sotto elezioni. Anche la stampa deve ricoprire un ruolo importante: si affronti la querelle società-tifoseria senza per forza riesumare gente fuori da tutto ormai da anni o sbandierare ai quattro venti trattative con i Della Valle credibili come la neve ad agosto. Una contestazione, ovviamente civile e corretta, non può prescindere da tre componenti: unità d'intenti, accantonamento di questi demagoghi che cavalcano l'onda del malcontento senza un minimo di pudore e rispetto per chi, innamorato per davvero, ha seguito ovunque la Salernitana e pretende non la serie A, ma chiarezza e programmazione.
Lotito, in passato, non è stato tenerissimo con la piazza: ha "rinfacciato" quanto fatto, ha sminuito la storia, è andato quasi allo scontro verbale mentre la città garantiva incassi milionari e numeri da record anche in serie D. Salerno, quella che porta 50mila persone in strada per il centenario, non deve dimostrare più nulla a nessuno ed è pronta a ricredersi in qualunque momento in presenza di fatti concreti. Parlare per riprendere il tormentone dei fattori imponderabili o dei palloni che mancavano serve a poco, a questo punto meglio restare in silenzio e fare i fatti. Non basterà, però ,prendere altri tre grandi calciatori (che servono come il pane, sia chiaro) per riportare la gente dalla propria parte. Ci sono spaccature che sarà difficile risanare in poco tempo, anche se arrivassero cinque vittorie di fila. La sconfitta con lo Spezia, quando tutti avevano accantonato malumori e tensioni per il bene comune, è stato il classico punto di non ritorno. Ma il calcio offre sempre una seconda possibilità. E stavolta la palla è tutta nei piedi dei patron. La strada è tracciata, dal bivio non si scappa. Per dimostrare che il ciclo non è chiuso (non c'è nessuna volontà di cedere, non ci sono mai state proposte) servono investimenti, dialogo, chiarezza, presenza e identità. Nessuno sarà così masochista da non riconoscere e apprezzare una inversione di tendenza. Ad oggi c'è una città che assiste con disincanto alla prima di campionato, e con uno stadio aperto lo scenario non sarebbe mutato granchè. Così non serve a nessuno, basta fare un primo passo per venirsi incontro. Ne va del bene della Salernitana.
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