Il campionato non è terminato venerdì scorso e le difficoltà saranno ancora tante per arrivare all'obiettivo salvezza, ma all'Arechi, nel giorno ad essa dedicato, la vittoria sul Cosenza ha segnato la liberazione della Salernitana dall'incubo di una zona retrocessione che la attanaglia da due anni a questa parte. Venticinque aprile per i granata è stato sinonimo di liberazione da quel sortilegio che le impediva di centrare due successi di fila e di affrancarsi da paure e timori dominanti e condizionanti. La svolta sembra essere stata totale ed è coincisa con l'esonero di Roberto Breda e l'arrivo in panchina di Pasquale Marino, ma cosa ha essenzialmente portato in dote l'ex allenatore dell'Udinese che ben figurava in Europa? Non smetteremo di sostenere che il calcio è materia semplice, nel senso che, per non complicarsi da soli la vita, bisognerebbe partire dal mettere in campo in calciatori nei loro ruoli e in modo che possano calcare zolle a loro congeniali, e, poi, magari continuare gestendo bene il gruppo e infondendo fiducia e sicurezza nei propri mezzi a chi scende in campo.
Le frasi "bisogna subire un goal in meno degli avversari" e " bisogna segnare un goal in più degli avversari" se dal punto di vista semantico coincidono e significano " bisogna vincere" rispecchiano due filosofie differenti, comportano approcci diversi e possono favorire esiti diversi degli incontri. Breda, attanagliato dalle paure e dai timori che la classifica cagionava e gravato dalle pressioni che subisce soprattutto chi è più coinvolto emotivamente, chiedeva alla squadra di assumere atteggiamenti più prudenti e attendisti, votati a non scoprire il fianco e a. non favorire gli affondi rivali. Tali paure i calciatori finivano per assorbirle e ciò condizionava la loro interpretazione tattica dei ruoli in campo, con attenzione rivolta maggiormente alla fase difensiva che ai modi e alle forme per offendere e insidiare area e porta altrui.
Marino non poteva avere, e infatti non ha, la bacchetta magica, perché non vi era tempo di rivoluzionare né tantomeno era possibile sfruttare il mercato per cambiare qualcosa a livello di organico. Il tecnico siciliano prima di tutto, a nostro avviso, ha agito sulla testa dei suoi uomini, spronato il gruppo a compattarsi ed aiutarsi in campo e a sfruttare doti e caratteristiche che già possiedono e che, liberate, possono fare male agli avversari di turno. Spingere all'attacco la sua compagine non significa non avere equilibrio e accortezza tattica, ma corrisponde a offrire idee e soluzioni, semplici quanto efficaci, per sfruttare le corsie laterali e cercare più rapidamente la profondità. La differenza sta soprattutto sugli esterni, dove Ghiglione e, soprattutto, Corazza sono liberi di sganciarsi a supporto della manovra d'attacco, arrivare sul fondo a crossare o entrare dentro il campo per concludere o buttarsi dentro duettando con i compagni. Diversa è pure l' interpretazione dei difensori granata che vedono Lochoshvili partire palla al piede a spaccare le linee altrui e Ferrari salire su tutti i corner e i piazzati, ma non solo, per sfruttare le proprie doti aeree e di tempismo in area altrui.
Le ultime due sfide vincenti all'Arechi hanno poi visto la chiesa tornare al centro del villaggio, ovvero hanno riproposto al pubblico plaudente un Amatucci giocatore totale, capace di interdire, correre per due, ma anche e soprattutto di riprendersi, con Marino, la cabina di regia per scandire i tempi di gioco della Salernitana, come ai tempi della gestione Martusciello. Altro cambiamento segnato dal nuovo allenatore è stata la gestione del gruppo più equa e meritocratica e meno legata a scelte predefinite, magari anche figlie di conoscenze pregresse e fiducia concessa per meriti o comportamenti passati. Breda aveva degli intoccabili o almeno dei giocatori che partivano avanti nelle gerarchie tecniche un po' oltre i propri meriti settimanali, e parliamo di Cerri, Raimondo e, all'inizio, pure Caligara. Se a ciò aggiungiamo diverse esclusioni sistematiche portate avanti di mancata convocazione in mancata convocazione di elementi come Simy, Tello, Hrustic e Braaf e taluni casi di preferenze opinabili come il vedere troppo a lungo titolare Njoh a scapito di Corazza, allora meglio si comprende quanto Marino, con semplicità, abbia ripristinato una più razionale gestione dell'organico, così trasmettendo messaggi più giusti e recepibili ad un gruppo che stava iniziando a produrre elementi troppo sicuri del loro posto in squadra ed altri indotti a rassegnarsi e mollare un po'.
Marino ha portato semplici rimedi e semplici ritocchi al gioco della Bersagliera, grazie alla sua esistenza e alla tranquillità e serenità che possiede e infonde ai suoi calciatori. Se il trainer ex Udinese e Catania riuscirà anche a rivitalizzare i suoi attaccanti, a secco da tempo e ancora lontani dai loro abituali standard realizzativi e di rendimento, allora il quadro potrà definirsi completo, sebbene conti metterla dentro e a riguardo le reti dei granata sono state cinque, senza rigori a favore, in due partite. Attenzione, però, vi è un altro fattore altrettanto determinate entrato in scena per favorire la svolta di risultati e prestazioni del club di Iervolino ed esso è il fattore ambientale o, se si preferisce, l'effetto Arechi. Il principe degli stadi è stato determinante almeno quanto Marino e quanto le prodezze di Ferrari, Corazza e soci. Salerno e la Salernitana ora sono tornati ad essere un corpo unico e la magia dell' Arechi si è ripristinata con tanto di moltiplicazione delle forze dei granata e di incremento esponenziale delle difficoltà dei rivali. Le prossime due gare contro lo Spezia in trasferta e il Mantova in casa saranno, a nostro avviso, le più importanti per centrare la permanenza in cadetteria, perché con quattro punti e quota quaranta conquistata, i granata potranno avere due risultati su tre nelle due ultime trasferte con Sampdoria e Cittadella e, in gare del genere, questo significherebbe più serenità e tranquillità nel gestirle, mentre varrebbe a caricare di pressioni fortissime i liguri e i veneti, non certo compagini che stanno dimostrando salute e nervi saldi.
È cosa bella rivedere i vertici societari del cavalluccio marino fare buona mostra di sé in tribuna e, ancor più, vederli soffrire ed esultare, ma non ci si può non chiedere perché solo adesso ciò sia accaduto, come non possono sparire dalla memoria i tanti errori marchiani che hanno fatto intravedere alla tifoseria il rischio di categorie e di derby oramai appartenenti al passato. Premettendo che fino a fine campionato conta solo salvarsi, ci abbandoniamo ad una singola riflessione, anzi, meglio, ad un auspicio: gli spifferi che trapelerebbero dal club di via Allende su importanti cambiamenti in seno agli assetti societari e dirigenziali del team campano, se avvenissero, siano espressione non di una (ennesima) rivoluzione di pancia, bensì realizzino una vera riorganizzazione tale da portare ruoli chiari attribuiti a uomini di calcio laddove indispensabile e inducano la proprietà a fare il proprio compito senza incauti affidamenti ed eccessive giravolte ad ogni cambio di vento.
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