Era ora! E' proprio il caso di dirlo. Dopo un anno e mezzo di incomprensibile immobilismo e con una scarsa capacità collettiva di rendersi conto del ridimensionamento generale, ecco che la tifoseria scende in campo e lancia un segnale inequivocabile ad una proprietà che si era presentata in grande stile ma che, alla lunga, ha disatteso quasi tutte le promesse passando da San Siro allo scontro salvezza in B con una Carrarese modestissima.
Gruppi ultras, Centro di Coordinamento, Generazione Donato Vestuti, Salerno Club 2010, Mai Sola. Tutti uniti per mandare un messaggio a Danilo Iervolino. Quello del "non si può parlare poco e male ai tifosi e ai giornalisti", del sinallagma, delle famiglie allo stadio, della cittadella dello sport, di Salerno mai più ultima e costantemente in serie A, del brand internazionale per lo stadio, del centro sportivo all'avanguardia, del super settore giovanile e di Cavani e Mertens in attacco.
Dopo averlo accolto trionfalmente, più per l'atavico e incomprensibile odio per i suoi predecessori che per meriti acquisiti sul campo, oggi la piazza gli presenta metaforicamente il conto ricordandogli non solo i tanti proclami che si sono trasformati in chiacchiere senza un seguito concreto, ma anche alcuni atteggiamenti tuttora incomprensibili. Se davvero qualcuno, tra i dirigenti, ha proposto il daspo societario ai contestatori, allora siamo davvero alla frutta.
Pensassero, piuttosto, a risollevare le sorti della Salernitana, a riportarla dove è stata presa ad una cifra otto volte inferiore al reale valore, ad investire soldi a gennaio dopo un'estate passata a fare i conti con la calcolatrice dando l'ok per un acquisto di media caratura solo dopo 2-3 cessioni. In una serie B mai così scarsa e in cui, Sassuolo a parte, nessuno fa la voce grossa, sarebbe un delitto sportivo rassegnarsi ad un galleggiamento volontario in nome di un progetto triennale che è stato smentito punto per punto dalle strategie adottate dal post retrocessione ad oggi.
Nonostante un rendimento negativo, le sole quattro vittorie conquistate, il ribaltone tecnico e i tantissimi gol subiti, questa Salernitana non è poi ccosì distante dall'ultimo posto utile per i playoff e, a nostro avviso, non ha nulla da temere in ottica retrocessione. Lo abbiamo detto prima di domenica, lo ribadiamo oggi. Ma prospettare un campionato d'assestamento ad una piazza che garantisce 15mila persone in casa e quasi 2000 in trasferta non ha senso e non è quello che ci aspettiamo dopo la retrocessione più oscena della storia del calcio italiano.
E allora, già da oggi, si dia mandato al direttore sportivo Petrachi di agire in piena autonomia, con un budget vero e non con pochi spiccioli e senza dover prendere l'abaco e giocare alle addizioni e alle sottrazioni prima di chiudere una operazione in entrata. Alla Salernitana servono come il pane un difensore centrale forte, due centrocampisti (tre se va via Maggiore), un trequartista e almeno un attaccante di comprovata esperienza. Il mercato di riparazione è difficile solo se non si mettono soldi sul tavolo, per chi ha voglia di investire niente può essere precluso a priori.
Lo strappo tra la piazza e la società è comunque palese, era da anni che la tifoseria non si compattava in questo modo facendo una netta distinzione tra le vicende di campo e le questioni societarie. Dopo i cori e gli striscioni di domenica ci si aspettava una dichiarazione della società, un gesto di Iervolino, un tentativo di riavvicinamento di Milan. Niente di tutto questo. Considerando che non ci sono acquirenti seri all'orizzonte e che, anche per motivi politici, la Salernitana non ha un appeal enorme, che cosa accadrà se Iervolino manifesterà ancora volontà di disimpegnarsi senza che ci siano soluzioni?
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