Il “Sarrismo” è ormai conosciuto da tutti, apprezzato da molti e amato dagli intenditori di calcio. Maurizio Sarri ed il suo credo calcistico fanno ormai parte del panorama calcistico italiano ed europeo, da quando con l’Empoli iniziò la sua cavalcata verso il massimo campionato. Da quest’anno alla guida della Lazio, dopo la parentesi Juve, Maurizio Sarri ci ha messo poco ad impiantare il suo sistema di gioco anche nella capitale, ereditando la squadra di Simone Inzaghi, orfana del Tucu Correa che ha seguito il tecnico in quel di Milano sponda Inter, ma rimpinguata dal rientro di Felipe Anderson e dagli acquisti di Hysaj, Basic e Pedro. In queste prime giornate la squadra biancoceleste ha alternato grandi prestazioni a svarioni, come quello di Bologna, che hanno ridimensionato lo spessore della rosa di patron Lotito.
IL CREDO TATTICO DI MAURIZIO SARRI
Il modulo è semplice e standard: 4-3-3 con terzini alti, vertice basso di costruzione e tornanti offensivi di grande tecnica. Rispetto alle precedenti versioni, il modulo di Sarri è mutato nel reparto mediano dove, con giocatori diversi rispetto alle altre esperienze, ha dovuto rivedere la fase di possesso palla. Proprio le caratteristiche di Luis Alberto e Milinkovic Savic, giocatori meno dediti al sacrificio ed al ripiegamento, hanno indotto il tecnico toscano d’adozione a variare la costruzione della manovra, proprio per la loro capacità di finalizzare e chiudere l’azione offensiva. E’ sicuramente il maggiore esponente del tiki taka made in Italy e le sua azioni sono spesso ricche di tocchi di prima e uno-due tra i vari reparti, fino ad arrivare a ridosso o addirittura all’interno dell’area. Caratteristica principale è dunque il possesso palla con baricentro avanzato, che si piazza in genere tra i 55 e i 60 metri.
COME GIOCA LA LAZIO
La costruzione è prettamente dal basso, dove parte addirittura dal portiere, Reina, dotato di grandi doti tecniche, o dai due centrali. Spesso è il vertice basso, Leiva, che si abbassa a ricevere e far partire la manovra. In caso di pressing alto avversario, Reina lancia lungo cercando Milinkovic Savic, formidabile sui palloni aerei. Nel caso di costruzione bassa, si cerca il fraseggio stretto e veloce ad un tocco, chiamando in causa l’appoggio dei terzini o i due interni di centrocampo (Savic o Luis Alberto), che bravi ad indovinare l’imbucata degli esterni. Il gioco di Sarri non prevede cambi di fascia, ma azioni tamburellanti li dove nasce la manovra: il gioco si sviluppa in verticale passaggio dopo passaggio fino ad arrivare al centrale di attacco, che spesso fa la boa per l’inserimento degli esterni o delle mezzali di centrocampo. La finalizzazione è affidata alla ricerca costante della profondità e degli spazi vuoti, dove gli esterni o il centravanti amano infilarsi per chiudere la manovra offensiva. La fase di non possesso è caratterizzata invece da un pressing forte ma non in modalità forcing, molto avanzato e che va a configurarsi come una sorta di marcatura ad uomo uno contro uno in tutte le zone del campo. Nel caso di pressing inefficaci, appena la squadra avversaria supera il centrocampo, la Lazio ripiega schiacciando le due linee e facendo densità in mezzo al campo, lasciando invece più spazio sull’esterno. Nel caso di recupero palla, le squadre di Sarri agiscono subito in contropiede, come spesso è capitato sia quest’anno che negli anni passati; nel caso di transizione negativa invece come per la fase di non possesso Sarri spinge i suoi ad un pressing ad uomo avanzato.
PRO E CONTRO DELLE AQUILE
Sicuramente il punto di forza principale è il possesso palla con baricentro avanzato, che permette alla Lazio di avere quasi sempre nelle mani il pallino del gioco. La manovra è avvolgente e rapida nella fase di finalizzazione con una forte rapidità nella verticalizzazione. I reparti sono molto stretti e corti tra loro e riescono a mantenere le linee chiuse per quasi tutta la durata della gara. Di contro però la manovra risulta spesso lenta in fase di avvio, permettendo alle squadre avversarie di ricompattarsi dietro la linea della palla e chiudere i varchi. Cercando sempre il fraseggio ovviamente si arriva ad ottenere numerosi errori nelle linee di passaggio, che rappresentano un vero punto critico delle squadre di Sarri: spesso infatti le sue squadre sono soggette a transizioni negative sanguinose che creano non poche difficoltà alla retroguardia.
LA CHIAVE DI LETTURA
"Il derby di Lotito", così come stato definito da molti addetti ai lavori, sarà una gara probabilmente a senso unico, con la Lazio in possesso pronta a far girare la sfera in tutte le zone del campo e la Salernitana chiusa dietro la linea della palla pronta a sfruttare qualche transizione positiva. Le assenze in casa granata, soprattutto in mediana, peseranno e non poco in una gara dove la forza fisica nel reparto nevralgico sarebbe risultata fondamentale. Occhio alla catena di sinistra della Lazio, formata da Felipe Anderson e Luis Alberto: la maggior parte delle azioni offensive arriveranno proprio da quel lato e Zortea e Schiavone avranno parecchie difficoltà ad arginare le imbucate dei due esterni laziali. Altra gara di attesa per mister Colantuono, che così come con il Napoli, dovrà essere bravo a tenere le linee strette e compatte per la maggior parte della gara. Decisivi per i granata potranno essere i movimenti di Bonazzoli: l’attaccante ex Toro dovrà essere bravo come con il Venezia a galleggiare senza dare punti di riferimento, chiamandosi le marcature e provando a liberare Ribery.
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