Il giovane difensore della Salernitana Joshua Vuillermoz ha rilasciato un'intervista alla 'Gazzetta Matin' (l’intervista è stata realizzata il 19 luglio ed è stata pubblicata su Gazzetta Matin di lunedì 21 luglio, ndr). Di seguito le parole del giovane calciatore granata:
Joshua, partiamo da un bilancio di queste due stagioni a Salerno. Qual è stato l’impatto con la città?
«All’inizio è stato un po’ particolare, non ero abituato a vivere al mare e il modo di parlare era diverso, però mi ci sono abituato abbastanza velocemente. A darmi una grossa mano è stata la scelta di frequentare la scuola pubblica, quella è stata un’immersione totale nel nuovo contesto. Posso dire che quella è stata la mia salvezza, perché in questi anni mi ha permesso di staccare un po’ dal calcio e costruire legami e amicizie in un ambito diverso da quello sportivo»
Dal JCollege di Torino al liceo pubblico di Salerno deve essere stato un bel salto.
«In effetti lo sbalzo c’è stato, prima di tutto a livello di indirizzo di studi. A Torino frequentavo il liceo scientifico, ma matematica e fisica non mi piacciono tanto, così, una volta a Salerno, ho deciso di provare la strada del liceo linguistico. Mia mamma è inglese e quella lingua la conosco bene, ho studiato il
francese fin da piccolo, in italiano vado bene, l’unica incognita ero lo spagnolo, che a Salerno viene studiato fin da piccoli. Ero un po’ dubbioso, ma mi sono portato in pari velocemente e tutto è andato alla perfezione. Ho trovato grande attenzione nei confronti degli sportivi, abbiamo un orario dedicato, dal lunedì al giovedì dalle 8.30 alle 12. Ho trovato professori super disponibili, con loro ho allacciato un bel rapporto e in classe vado d’accordo con tanti compagni, il mese scorso ne ho ospitati otto a casa mia in Valle d’Aosta».
Ha iniziato la sua avventura con l’Under 17 di cui è anche stato capitano: un bel modo per rompere il ghiaccio.
«Era un gruppo parecchio nuovo, non c’erano le fondamenta e siamo partiti da zero. Mister Luca Fusco mi ha dato subito tanta fiducia, si è creato un bel feeling e mi ha messo al braccio la fascia da capitano. Dopo qualche mese si è fatto male Emanuele Elia, difensore centrale classe 2004 capitano della Primavera, e mi hanno portato su. Ho giocato contro il Cosenza, abbiamo ottenuto un prezioso pareggio 0-0 e da lì le ho giocate tutte fino alla fine del campionato. All’inizio ero un po’ nervoso, giocavo anche contro ragazzi di tre anni più grandi di me, ma dopo aver rotto il ghiaccio nella prima partita, è andata bene. Quando sono arrivato io, la squadra era in difficoltà, avevano cambiato mister da una settimana. Il nuovo tecnico, Alessandro Boccolini, ha da subito puntato tutto sul risultato, perché dovevamo tirarci fuori da una situazione complicata e abbiamo fatto tantissimi punti, salvandoci con ampio margine, centrando anche il record di punti nella storia del club».
L’ultima stagione nella Primavera granata è stata caratterizzata da problemi fisici: come ha vissuto il periodo dell’infortunio?
«È stata una stagione un po’ sfortunata. Come gruppo eravamo forti, anche se, forse, deboli mentalmente. Abbiamo fatto benissimo contro le prime della classifica, pareggiando a casa del Frosinone che ha vinto il campionato, vinto a Napoli, chiudendo imbattuti contro l’Ascoli che si è piazzato secondo, ma con le ultime abbiamo lasciato troppi punti. C’erano le potenzialità per fare una grande annata, invece abbiamo dovuto accontentarci della salvezza, eguagliando i punti dell’anno prima, chiudendo con del rammarico, perché sapevamo tutti che potevamo fare di più. Per me non è stato facile a livello fisico, a inizio campionato ho avuto la mononucleosi, poi, appena sono rientrato, mi sono rotto il gomito in allenamento. Non è stato un bel periodo, ho avuto anche problemi dal punto di vista sanitario, perché alcuni medici, nonostante l’assistenza della società, si rifiutavano di visitarmi in quanto sono minorenne e non ero accompagnato da un genitore. Grazie alla scuola e agli amici sono riuscito a superare il momento difficile, quando sono finalmente tornato a giocare, però, ho avuto anche un problema al polpaccio»
Come ha trovato il livello del campionato Primavera?
«All’inizio giocavo contro avversari che sentivo essere molto più grandi di me; per fortuna fisicamente sono messo bene e avevo vicino due compagni che erano dei marcantoni, quindi me la sono cavata bene ed è diventata la normalità. Nell’ultima stagione ho iniziato come braccetto dei tre centrali, poi il tecnico, che era Luca Fusco, mi ha messo centrale perché ama avere il possesso palla e iniziare la costruzione dal basso e anche lì mi sono trovato bene, avendo di nuovo vicino due compagni messi bene fisicamente. La Primavera 2 è un torneo più fisico che tecnico, anche i campi non sono sempre perfetti, tutto questo mi ha aiutato tantissimo, mi sono fatto le ossa a giocare con gente molto più grande di me».
In cosa sente di essere migliorato maggiormente in queste due stagioni?
«Un po’ in tutto, sono cresciuto come calciatore e come giovane uomo. Il fatto che la nostra squadra in
casa giochi su un campo complicato per tutti, piccolino e con il fondo non perfetto, che l’allenatore voglia avere il possesso della palla e iniziare a manovrare partendo dai centrali, nonché fare l’ultimo uomo, mi ha fatto migliorare tanto a livello tecnico. Giocare ora su un campo pulito e regolare è molto più facile, mi sento molto più sicuro con la palla al piede».
Qual è stata la soddisfazione maggiore nei due campionati che ha giocato in maglia granata?
«Non c’è un momento particolare. Sicuramente salire in pianta stabile nella Primavera da 2007, quando l’anno di riferimento era il 2005 e i fuoriquota 2004, è stato importante. Il fatto che in tutte le distinte delle partite fossi il più piccolo che partiva tra i titolari mi ha riempito di orgoglio».
Come ha vissuto il turbolento finale di stagione della prima squadra?
«Nelle ultime due settimane che ho passato a Salerno per finire la scuola mi hanno mandato ad allenarmi con la prima squadra, non si sapeva ancora cosa sarebbe successo, di sicuro c’erano da giocare i play out. In città erano tutti arrabbiati per quello che stava capitando, anche i miei professori erano neri. L’ambiente non era sereno, posticipare di quasi un mese il play out penso sia stato complicato un po’ per tutti».
Come si trova con il pubblico di Salerno?
«L’ambiente è caldo, anche se in Primavera sono un po’ più tranquilli. Quando vado all’Arechi per le gare della prima squadra, mi immagino che l’ambiente possa essere un’arma a doppio taglio: se te li porti dalla tua parte ti spingono, ma se ce li hai contro può diventare tosto da gestire».
Si aspettava la convocazione per il ritiro con la prima squadra?
«Sì, del mio gruppo della passata stagione ne hanno tenuti pochi e con me hanno dimostrato subito interesse. Dopo la retrocessione è cambiato tutto il gruppo dirigente, sono stato chiamato dal nuovo direttore del settore giovanile per sapere se ero interessato e ho firmato il rinnovo del contratto fino al 2027. Anche se me lo aspettavo, andare in ritiro con la prima squadra è stata una bella notizia lo stesso».
Qual è stato l’impatto con la prima squadra?
«Tosto. Andare in ritiro con un gruppo praticamente tutto nuovo non è semplice. I primi tre giorni, poi, sono stati pesanti a livello fisico, abbiamo cominciato subito molto forte, poi abbiamo iniziato a smaltire e il dolore alle gambe sta passando. All’inizio è stato tutto un po’ strano, quasi nessuno si conosceva. Io, per fortuna, ho qui altri tre miei compagni della Primavera e, adesso, piano piano ci stiamo conoscendo tutti».
Cosa l’ha colpita di questi primi giorni di lavoro?
«L’intensità a livello fisico e la cura dell’aspetto tecnico. Per me è un livello alto. Chi parla da fuori può non crederci, ma giocare a certi livelli è molto diverso che guardare».
Qual è il suo obiettivo per questa stagione?
«Giocare con i grandi. Dopo due anni di Primavera, credo di aver imparato quello che c’era da imparare in quel campionato. La decisione, però, spetta alla società; il mio obiettivo è di ritagliarmi uno spazietto in prima squadra. Rimango concentrato sul dare il mio massimo, poi vediamo quello che succede, penso giorno dopo giorno».
In che ruolo si sente più a suo agio?
«Con la prima squadra sto facendo il braccetto sinistro e con i “grandi” mi trovo bene lì. Mi piace anche fare il centrale, però, al momento, quello è un ruolo che va bene per la Primavera».
Vivere così tanto lontano da casa è stato un problema?
«Ormai ci ho fatto l’abitudine. Con la mia famiglia ci sentiamo spesso, quando possono, mi vengono a trovare e per le feste torno a casa. Adesso mamma e papà restano da soli, perché mia sorella Dahlia, anche lei calciatrice, va a giocare a Parma. Salerno mi piace, è vicina alla costiera amalfitana, non è dispersiva come Roma o Milano. Senza essere piccola come Aosta, ha la dimensione giusta per starci bene. Si mangia alla grande ed è una città decisamente giovane».
Cose le manca di più della Valle d’Aosta?
«Le temperature invernali. A me piace il freddo, sento forte la mancanza delle temperature rigide e della neve».
Autore: Lorenzo Portanova
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