Non siamo come qualcuno che, a pochi chilometri di distanza, ha festeggiato prima del tempo senza aver rispetto per l'avversario e chiedendo di spostare partite su partite. A Salerno voliamo basso, manteniamo i piedi per terra e sappiamo goderci i momenti, consapevoli che stiamo entrando in una dimensione nuova ma che, allo stesso tempo, il percorso di crescita richiede tempo e passa dalla stabilizzazione in quella serie A vista solo 4 volte in oltre 100 anni di storia. Ma non è utopia nè presunzione affermare che il ko dello Spezia a Cremona e la sconfitta del Lecce oggi (tra due settimane c'è lo scontro diretto tra liguri e pugliesi che, domenica, affronteranno Milan e Lazio) hanno spianato la strada verso il raggiungimento, strameritato, dell'obiettivo. Immaginare che lo Spezia, a -8, vinca almeno tre delle prossime 4 gare (chiuderà a Roma), è eresia, così come che questa Salernitana perda tre posizioni a favore di avversarie decisamente inferiori sul piano tecnico. Insomma, ci siamo. Ed è bellissimo, emozionante, straordinario, pur senza quel pathos del 7% e di quella folle notte del 22 maggio che, forse, sarà irripetibile. Guai a non celebrare questa impresa, guai a non rendersi conto che siamo passati da un trust con rischio esclusione a una Salernitana mai coinvolta nella bagarre, che presenta campioni su campioni in campo, che si affida a un direttore sportivo che ha dimostrato di saperci fare e che guarda in faccia tutte le grandi, nei più prestigiosi stadi d'Italia, e gioca delle grandi partite accompagnata da un pubblico magnifico. Peccato giocare ad Empoli in totale emergenza, quando mancano Gyomber e Candreva è sempre un bel problema. Ma, in fondo, al Maradona abbiamo pareggiato senza il numero 87 e c'è un certo Dia che segna in tutti i modi esaltando una tifoseria che lo ama come da tempo non accadeva con un proprio tesserato. Raggiungere la matematica contro l'Atalanta, dopo l'8-2 targato Nicola (ah, se fosse andato via prima!), sarebbe veramente una grande soddisfazione.
Salvarsi in anticipo consentirà di parlare anche di futuro e Paulo Sousa qualche messaggio lo sta mandando. Nessun ripensamento o dietrofront, ci mancherebbe, ma oggi ha usato una espressione che merita un focus. "Il progetto inizia e finisce, il processo non ha mai fine. E io voglio far parte di un processo perchè sono ambizioso e voglio vincere sempre" ha detto il mister, De Sanctis ha aggiunto che "contrattualmente, con tutti, abbiamo il coltello dalla parte del manico ma non tratteniamo nessuno volentieri. Io sono un consigliere, sarà il presidente a illustrarci i programmi". Tradotto: Sousa resterà a Salerno se gli saranno date garanzie importanti. E ciò passa inevitabilmente dalla riconferma dei migliori. Perchè stravolgere tutto significherebbe ripartire da zero e questo non va nell'ottica della crescita progressiva. Certo, se per Dia qualcuno offre 30-35 milioni è fisiologico che una società "medio-piccola", in A da poco e che, ad oggi, non può ambire alle competizioni europee faccia i suoi ragionamenti. Avere un presidente ricchissimo non vuol dire gettare soldi dalla finestra, ci sono bilanci da salvaguardare e dobbiamo abituarci al fatto che, come accade in tante altre realtà, il campione possa essere di passaggio.
Sarà dunque fondamentale trovare una giusta via di mezzo tra il possibile sacrificio di un paio di elementi (non di più, già in attacco ci sarà tanto da ricostruire stante gli addii certi di Piatek e Bonazzoli) e la necessità di lanciare un segnale, di mettere l'allenatore nelle condizioni di fare la differenza e di ripartire dal ritiro con una rosa tale da essere plasmata da subito in funzione di quelle idee in parte accantonate per dare priorità al raggiungimento del traguardo. Cosa tutt'altro che scontata dopo i disastri targati Nicola. A giugno scorso l'avvio non fu dei migliori: addio di Sabatini, biennale a Nicola prima di scegliere il nuovo ds, rifiuti in serie e poi la firma di De Sanctis e un mercato entrato nel vivo ad agosto inoltrato. Lo scotto dell'inesperienza e dell'immagine che, all'esterno, si ha della Salernitana. Vista come la matricola con pochissima storia in B. Ora, però, c'è tutto per alzare l'asticella, per il salto in avanti che sembrava soltanto un sogno fino a qualche tempo fa. E sedersi al tavolo delle trattative con Ochoa, Ribery, Candreva e Dia ancora parte della Salernitana, con ruoli diversi, varrebbe più di un ingaggio milionario. Al resto penserà la tifoseria granata. Quella che fa sempre la differenza.
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