Entusiasmo e programmazione. Sono questi i due elementi essenziali per disputare un campionato da protagonisti. A Salerno mancano entrambe le cose. La tifoseria, un tempo componente determinante, è totalmente spaccata, ha deciso di disertare, ha tappezzato la città di striscioni, ha disdetto in massa gli abbonamenti televisivi e chiede a gran voce l’esonero della proprietà e della dirigenza, senza dimenticare che i trascorsi con Castori sono burrascosi e quasi nessuno ha gioito per la sua nomina come allenatore. Certamente Lotito e Mezzaroma non hanno fatto nulla per gettare acqua sul fuoco. La scelta di un tecnico non di primissima fascia, l’addio di Akpro in direzione Lazio, il giallo Lombardi, una conferenza stampa annunciata e poi slittata, trattative che saltano con i giocatori di livello, la firma di un ragazzino retrocesso col Ravenna, 35 calciatori del vivaio svincolati in 24 ore, un cordone ombelicale con la Lazio che rischia di diventare penalizzante senza dimenticare la “fuga” di Ventura e l’assordante silenzio dei presidenti. Forse troppo impegnato sponda Lazio, Lotito non rilascia dichiarazioni ufficiali in casa granata da ottobre. Mezzaroma avrebbe invece il dovere di uscire allo scoperto spiegando, senza frasi fatte ma in modo diretto, che cosa vogliano fare da grandi. Cinque anni di B coincisi con due playout e tre piazzamenti anonimi rappresentano un fallimento per una società che ha spesso bacchettato i tifosi ironizzando sulla storia e sull’assenza dei palloni e che oggi si ritrova contestata anche da chi li ha sempre incoraggiati.

Un clima da tutti contro tutti che certo non favorirà le trattative in entrata, ma il primo segnale dovrebbe essere l’acquisto di qualche top player. Soprattutto se il budget fosse davvero di 14 milioni di euro…e non di lire! Il Lecce prende Coda e punta Donnarumma, il Monza e la Reggina stanno allestendo rose competitive, molte altre hanno una base solida mentre qui si ricomincia puntualmente da zero. Da un allenatore che a febbraio fu protagonista in negativo con un brutto gesto all’Arechi, da una proprietà che dovrebbe indire una conferenza stampa per dare spiegazioni, da una tifoseria che litiga sui social e si ritrova in strada proponendo iniziative di ogni genere pur sapendo di lottare contro i mulini al vento. Non crediamo sia un problema di multiproprietà, ma di volontà. Quando gli azionisti hanno deciso di vincere lo hanno fatto, a mani basse e senza campionati di assestamento. Puntando sul meglio a disposizione e non su trentacinquenni a fine carriera o svincolati da svezzare. Per dare credibilità al progetto bisognava ripartire dall’ottima base della passata stagione (e nessuno può obiettare sulla forza di quella rosa, gestita malissimo da Ventura post lockdown) acquistando un difensore centrale, un esterno destro, un regista e una grande punta senza rinunciare ad Akpro e Lombardi che sono un lusso per la categoria. C’è invece incertezza, pare che anche i calciatori non siano molto fiduciosi per il futuro e non sono da escludere affatto altre partenze inaspettate. A chi giova ridimensionare un progetto che, dopo cinque anni, dovrebbe prevedere come meta obbligata la zona nobile della classifica? Come disse Lotito parlando implicitamente di Cerci “nello sport come nella vita ci sono cicli che iniziano e cicli che finiscono”. Con una fiducia ai minimi storici c’è la sensazione che ormai sia una spaccatura insanabile. Perché non metterla in vendita cercando di capire se esistano imprenditori interessati?

Sezione: Editoriale / Data: Sab 22 agosto 2020 alle 00:41
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
vedi letture
Print