Non è tempo di mettere sotto accusa questo o quel tesserato della Salernitana, per passare al setaccio l'operato di queste figure professionali, bensì è il momento di ritrovare maggiore compattezza, grinta e determinazione per tagliare il traguardo della salvezza diretta. Ciò detto e premesso, è legittimo analizzare quando, quanto, come e dove il duo Breda-Valentini abbia inciso nel nuovo corso granata, inaugurato all'alba di un 2025 che si apriva con il semplice compito di essere migliore, sportivamente parlando, della stagione antecedente e con il difficile obiettivo di farla dimenticare al popolo del cavalluccio marino. Dopo la gestione Martusciello e la parentesi Colantuono, Roberto Breda è arrivato in Campania accolto un po' come una sorta di Messia, l'uomo che, dall'alto del suo legame sincero e profondo con la piazza, poteva condurre in un porto sicuro una navicella granata sballottata dalle onde e terrorizzata dalla prospettiva di un nuovo salto all'indietro.
Il tecnico trevigiano ha portato inizialmente una ventata di serenità e si è dedicato a ciascun calciatore per confrontarsi e capire se e come l' atleta poteva rivelarsi utile nel prosieguo del campionato. Un bell'approccio sicuramente, condito dalla consapevolezza della difficoltà della missione ma anche dalla fiducia nei mezzi propri e in quelli della squadra che andava ad allenare. In prosieguo l'ex capitano granata degli anni novanta ha poi palesato qualche difficoltà di troppo nel dare una svolta con l'imprimere la propria impronta tattica e i propri criteri gestionali di un gruppo che, comunque, ha seguito il trainer e si è comportato professionalmente. Ritardi nel lanciare qualche elemento interessante a discapito di altri che seguitavano a deludere, eccessiva cautela nel preparare le partite e scarsa attitudine a cambiarne l'andamento in corso osando di più hanno caratterizzato il Breda Ter a Salerno, ma, sul campo, una buona stella finalmente sembrava baciare la nostra Bersagliera, al punto che questa, finalmente, iniziava a raccogliere più del seminato. Breda, tuttavia, ha ottenuto la stima del gruppo squadra che ha compreso la delicatezza del momento e la pesantezza dei punti in palio, anteponendo il noi all'io.
Dal punto di vista tattico il mister ha, giustamente, prima lavorato per migliorare la fase difensiva e la capacità di soffrire del team con l'ippocampo sul petto, per poi iniziare una cauta ma costante virata verso atteggiamenti più propositivi per accrescere il peso offensivo della sua Salernitana. Un aspetto opinabile probabilmente va individuato in una eccessiva volatilità delle scelte, specie quelle inerenti i calciatori inseriti o esclusi dall'elenco dei convocati per le sfide di campionato. Taluni atleti, come Simy e Hrustic, sono passati da esclusioni totali, a panchine e a spezzoni di gara disputati anche in momenti importanti. Altri, come Corazza, Verde e Soriano hanno dovuto attendere troppo per vedere riconosciuto il loro merito di essere titolari in una squadra che non brillava per talento, esperienza e personalità. Il tempo trascorso prima che l' allenatore trevigiano trovasse una sorta di quadra dando continuità ad un undici è forse stato un po' eccessivo, ma va detto che ciò poteva aver trovato motivazioni e fondamento nel tentativo di coinvolgere tutti i giocatori della rosa, dando chance e non snobbando nessuno per preconcetti vari.
Lo stesso Jarozsinski, colui che più pare aver pagato dazio con l' arrivo di Breda, ha avuto la sua occasione a Pisa, sprecandola con il disputare una prova opaca e macchiata da uno svarione difensivo decisivo. L' attuale guida tecnica campana ha, però, dimostrato onestà intellettuale e non ha fatto favoritismi, non lesinando di accantonare suoi pupilli come Caligara e Raimondo, il cui rendimento non ha confermato le aspettative di colui che fortemente li ha voluti alla Salernitana. Tempi lenti di analisi e reazione e poca incidenza con le letture a gara avanzata non intaccano, però, un quadro di insieme positivo, con l' avvertenza che il bello può e deve ancora venire. E Valentini? Il mercato di gennaio è un po' in chiaroscuro, avendo portato in dote elementi che stanno emergendo come Corazza, Christensen e il diesel Lochovshili, ma anche delusioni come Caligara e Raimondo, ed oggetti misteriosi come l' argentino Guasone, il tutto con l'ombra gettata da Iervolino sul suo ds e vertente su un presunto rifiuto di quest'ultimo di rinforzare ancora la rosa negli ultimissimi giorni di calciomercato, nonostante un budget ancora capiente reso disponibile dal patron.
Valentini non è uomo da copertina e riflettori, né parrebbe quello che fa tremare i polsi dei calciatori e le mura dello spogliatoio con le sue grida, ma è persona perbene e di stile, sta sempre sul pezzo ed è sicuramente aziendalista, forse pure troppo. Nel calcio moderno un allenatore non deve solo avere una propria idea di calcio e di gioco ed imprimere il proprio marchio alla squadra, ma deve anche essere un bravo psicologo e motivatore, nonché una figura in grado di tenere in pugno il gruppo e di migliorare i singoli favorendone prestazioni e inserimento. Un club è diverso da una rappresentativa nazionale e il rapporto quotidiano con la squadra è fondamentale, per cui non basta saper selezionare o azzeccare uno o due cambi, occorrendo entrare nella testa e nel cuore dei propri ragazzi, tutti remanti nella medesima direzione e pronti a fare la guerra accanto al proprio condottiero. Emblematico a riguardo il caso Thiago Motta alla Juventus, esempio di tutto ciò che non deve fare un allenatore nella gestione del rapporto umano e quotidiano con lo spogliatoio, così come altrettanto chiaro è il fattore Antonio Conte al Napoli, dove tutti, titolari e riserve, si buttano nel fuoco per il proprio mister.
Tornando all' obiettivo salvezza della Salernitana, si può notare come la parte destra della classifica, nei bassifondi, ricordi la situazione creatasi nel campionato 1990/91, quello che vide il ritorno in B della Bersagliera dopo un quarto di secolo nell' inferno della terza serie. Quell'anno vi era , come adesso, una classifica cortissima in fondo e una bagarre assoluta nella corsa salvezza. Quest'anno la cosa è ancora più singolare visti i tre punti a vittoria e l' avere tantissime squadre in un fazzoletto di punti denota un equilibrio assoluto. Nel 1990/91 all' ultima giornata ben quattro squadre salve per un punto ed altrettante che chiusero a pari punti, 36 per la precisione, con le prime due salve grazie alla classifica avulsa e le ultime due, Salernitana e Cosenza costrette allo spareggio per restare in cadetteria. Ciò constatato ci auguriamo che le similitudini finiscano qui e che l' esito finale sancisca la salvezza diretta della Salernitana. Forza Breda e forza Valentini, per tanto, non è tempo di processi, le somme si tireranno a giugno e ora ci sono otto finali, a iniziare dal Palermo.
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