Parliamoci chiaro, che questa Salernitana stia facendo faville in Serie C lo sanno anche i sassi: ventidue punti dopo nove giornate, primo posto in classifica, in condivisione col Benevento, il secondo miglior avvio nella storia del club. Solo il mitico Gipo Viani nel lontano 1942 fece di meglio. Raffaele ha plasmato un gruppo che suda la maglia, che sa soffrire e ribaltare anche le partite più complicate, come quella con la Cavese. Però, ecco... c'è un però grande come una casa.

Che al Massimino contro il Catania sia arrivato un tonfo che brucia, quello sì che lo sapevano tutti. Perché quando vai là, con quella curva che ti fischia addosso, qualcosa di maledetto può sempre accadere. Ma così no, non così... con quella punizione di Cicerelli che ti spacca i sogni e quel secondo tempo dove siamo sembrati dodici controfigure dei titolari, quello proprio no.

E sai qual è il punto? Il punto è che questa squadra è bella, maledettamente bella quando gira. Ma è anche incompleta. Lo si è visto a Catania, ma lo si era già capito prima: quando manca uno come De Boer, o Cabianca, o Capomaggio, le riserve non sono allo stesso livello. Chi parlava di due squadre a disposizione di Raffaele evidentemente non mastica di Serie C, e soprattutto del girone meridionale dove ogni partita è una battaglia e ogni punto va conquistato col sangue.

La storia di un'estate . . . incompiuta

Facciamo un passo indietro. Torniamo all'estate, a quando i tifosi invocavano la costruzione di una corazzata da promozione immediata. I nomi giravano, le voci si rincorrevano: Casasola della Ternana era praticamente fatto, un gradito ritorno per la terza volta. L'esterno aveva dato il suo sì, conosceva l'ambiente, aveva fame di riscatto dopo aver sfiorato la promozione con gli umbri. Poi, blitz del Catania. Una notte, ed è finita e ha premiato lo stesso Pastore che aveva dichiarato guerra alla Salernitana dopo l'affare Inglese.

E non è finita lì. Gli acquisti sono arrivati, certo, ma con il contagocce ed in ritardo. Faggiano ha dovuto fare i miracoli con una società che ha proseguita imperterrita la strada pericolosa del "cedere prima di acquistare", costringendo Raffaele a svolgere un ritiro in modalità cantiere aperto. Operazioni di un certo spessore che il direttore sportivo aveva chiuso si sono bloccate davanti a paletti che la società nega pubblicamente, ma che esistono eccome, almeno dal 2023.

L'autofinanziamento, ancora

Ed eccoci al punto dolente. Per il terzo anno consecutivo, la Salernitana ha puntato sull'autofinanziamento. Il terzo anno di seguito. Dopo due retrocessioni che definire fallimentari sarebbe un complimento.

Il bilancio 2023-24 parla chiaro: 41,4 milioni di perdita, debiti che sfiorano i 99 milioni, un patrimonio netto ridotto a 461mila euro. Certo, i conti vanno tenuti in ordine, ci mancherebbe. Ma allora, perché tutti quegli annunci in passato? Quei proclami? Mertens, Cavani, Pinamonti (per quest’ultimo furono offerti 20 milioni!) ... dov'è finito tutto? E quei progetti faraonici per il centro sportivo che fine hanno fatto?

La difesa è il problema

Raffaele lo sa, lo ha detto a mezza bocca in più di un'occasione. La retroguardia va rinforzata, e va fatto a gennaio. Non è un vezzo, è una necessità. Donnarumma sta facendo miracoli, è vero. Ma persino San Matteo prima o poi si stanca di fare prodigi.

Raffaele ha pensato che l'unico modo per fare punti è puntare sul calcio offensivo, usando le tre punte. E infatti quando gira, questa squadra è spettacolo puro. Ferrari con le sue pennellate, Inglese che porta esperienza e gol, Ferraris che si inventa giocate (ma che viene puntualmente massacrato dagli avversari quando è costretto a giocare lontano dalla porta). Ma quando devi difendere il risultato, quando ti tocca abbassarti e soffrire, ecco che emergono tutte le crepe.

Le scelte che pesano

Intendiamoci: l'abilità di Faggiano nel costruire questa rosa con risorse limitate è innegabile. Ha portato giocatori che hanno fatto la differenza: Inglese, Ferrari, De Boer, Capomaggio. Ha costruito un gruppo di uomini veri, non di rammolliti. E Raffaele ha fatto il resto, plasmando una squadra che corre, lotta, ci crede fino all'ultimo secondo.

Ma non basta. Non può bastare. Perché il calcio, soprattutto all'inferno della terza serie, è lotta dura. Le partite non finiscono mai. Lo abbiamo visto a Catania: puoi dominare un tempo, ma se non hai la rosa per gestire gli imprevisti, prima o poi ti presenti il conto.

Questa Salernitana è bella. Maledettamente bella. Ma è incompleta. E in Serie C, dove ogni domenica è una battaglia e dove gli errori non vengono perdonati, l'incompletezza si paga cara. Il conto arriva, sempre, magari al novantesimo di una partita che stavi dominando.

Raffaele e Faggiano hanno costruito un capolavoro incompiuto. A gennaio la società si troverà davanti a un bivio: completare l'opera o rischiare di far sfiorire un sogno che oggi sembra a portata di mano.

Perché poi, quando a maggio guarderai la classifica e ti renderai conto che quei tre-quattro rinforzi che non hai preso a gennaio ti sono costati la Serie B, sarà troppo tardi per i rimpianti. Sarà troppo tardi per chiederti "e se...". Sarà troppo tardi per tutto.

Il destino va dove vuole lui. Ma ogni tanto, se sei furbo, può darti una mano a scegliere la strada giusta, ed evitare di ripetere i soliti errori del passato. E gennaio è dietro l'angolo.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 26 ottobre 2025 alle 00:01
Autore: Giovanni Santaniello
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