Il grande dilemma della primavera 2024 riguardante la Salernitana di Danilo Iervolino continua ad andare in onda e terrebbe ancora con il fiato in sospeso gli aficionados granata, sospesi tra la concreta prospettiva di cessione societaria e la prosecuzione dell'era dell'imprenditore di Palma Campania al timone del club campano. Cessione   potrebbe, però, non essere anche sinonimo di effettivo passaggio di mano della governance della società di via Allende, dal momento che al vaglio del patron partenopeo e del suo entourage ci sarebbe anche l'opzione di cedere solo parzialmente il club, con il soggetto subentrante che potrebbe acquisire una quota di minoranza della Salernitana. Ma perché un fondo di private equity potrebbe voler entrare in una realtà calcistica professionistica detenendo una quota minoritaria ovviamente inidonea ad assicurare potere decisionale al suo detentore? La motivazione può essere legata alla preesistenza di rapporti personali di fiducia e stima, nel senso di aver magari già concluso affari con la governance attuale della società, oppure alla fiducia imprenditoriale nel prodotto in cui si va ad investire, per il quale si sarebbe valutato come valido e foriero di crescita il progetto delineato dall'azionista o dagli azionisti di maggioranza.

 Nel caso specifico della Salernitana potrebbero esserci elementi di entrambe le fattispecie concrete suindicate, ma l'ipotesi più accreditata potrebbe essere una terza: patron Iervolino, da sempre vicino al mondo imprenditoriale a stelle e strisce e forte nel settore della tecnologia, guarderebbe di buon occhio una possibile sinergia con un fondo italo-americano quotato in borsa all'indice Nasdaq, proprio quello relativo al mercato borsistico più recente e caratterizzato dalla presenza di medie e grandi imprese in prevalenza del ramo tecnologico. Per essere ancora più calati sulla vicenda concernente la nostra Bersagliera l'operatore interessato ad investire nel calcio salernitano sarebbe la Brera Holdings PLC. Ma chi è la Brera Holdings e, soprattutto, quali sono le sue vicende finora nel mondo dello sport e, segnatamente, del calcio? Si tratta di un fondo di private equity che coinvolge diversi investitori italiani e americani, tra cui spiccano uomini di riferimento dalle referenze importanti, come Il protagonista del lancio del soccer negli USA Alan Isaac Rothenberg, presidente federale del calcio a stelle e strisce dal 1990 al 1998 e come l'ex attaccante di Fiorentina e Nazionale italiana Giuseppe "Pepito" Rossi. Un consumato uomo di governo calcistico e un uomo di calcio, da campo, tra gli investitori del fondo, che annovererebbe anche noti imprenditori italiani, come Salvatore Ferragamo nel campo della moda. 

La Brera Holdings e, però, di recentissima costituzione, nascendo nel 2022, e nel calcio finora si è mossa acquisendo società militanti in campionati di scarso profilo e di bassissimo valore tecnico oltre che economico, viste le cifre che vi girerebbero, tra l'altro non conseguendo al momento risultati ragguardevoli, anzi tutt'altro. Il gruppo ha infatti posizionato la propria bandierina in Mozambico con il Tchumene, in Mongolia con il Brera Ilch ed in Macedonia con il Brera Strumica (l'ex squadra di Goran Pandev), oltre ad aver ereditato dalla precedente gestione il Brera Milano, terza squadra milanese che, presa in D, è arrivata, dopo varie retrocessioni, in prima categoria lombarda. In tutte queste esperienze calcistiche le squadre del gruppo Brera si trovano in bassa classifica nei rispettivi campionati e in generale la sensazione è che la logica che abbia mosso le operazioni di acquisizione dei suddetti club sia stata commerciale più che sportiva, ovvero obiettivo sarebbe stato esporre il proprio marchio e globalizzarlo con la sua presenza in vari continenti, Europa, Asia ed Africa. 

In via generale la Brera, dagli albori del suo ingresso nel calcio nell'anno 2000, ha inteso lo sport come un ottimo veicolo di promozione e diffusione di tanti e vari progetti a sfondo sociale e innovativamente il calcio come un esperimento sociale, culturale e comunicativo (in pratica film, cortometraggi, documentari ed eventi tutti a sfondo e finalità sociali, organizzati e promossi a latere degli investimenti calcistici e sportivi in generale). Tutti fattori lodevoli e meritevoli di considerazione, oltre che iniziative che determinano ampio consenso, ma il calcio professionistico italiano e la Salernitana in particolare sono ben altra cosa, tanto a livello di storia, prestigio, importanza territoriale e seguito, quanto a livello di impegno economico richiesto. Vero è che il livello del gruppo Brera è molto cresciuto negli ultimi quattro anni con l'avvento di figure di rilievo umano ed economico e vero è che la disponibilità liquida del fondo ammonterebbe a circa venti milioni, ma altrettanto vero sarebbe anche che non pare possedere la consistenza economica ed organizzativa per cimentarsi con la Serie B e con la proprietà della Bersagliera. 

Acquistare il club campano parrebbe essere, in sintesi, un salto troppo grande e repentino per questo gruppo di investitori, che, invece, potrebbe pianificare un ingresso più graduale nel sodalizio di via Allende, affiancando uno Iervolino che rimarrebbe azionista di maggioranza della Salernitana. Questa soluzione potrebbe essere percorribile oltre che positiva per ambedue le parti, dato che il patron partenopeo ne riceverebbe un supporto economico comunque apprezzabile (con sponsorizzazioni dirette e grazie alle capacità che il gruppo avrebbe di attrarre capitali nelle realtà d'impresa laddove esso è presente) e la Brera ne ricaverebbe un notevolissimo ritorno di immagine e una monetizzazione importante a livello di crescita del suo brand. Allo stato si valuterebbe, tuttavia, un possibile scambio di investimenti, con l'attuale presidente granata che investirebbe nel gruppo Brera e quest'ultimo che ricambierebbe supportando la Bersagliera nel suo futuro prossimo. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 15 maggio 2024 alle 00:00
Autore: Raffaella Sergio
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