L'annullamento del playout diretto tra Salernitana e Frosinone e il conseguente slittamento a metà giugno dello spareggio salvezza, probabilmente contro la Sampdoria, rappresenta un autentico colpo di grazia per la compagine granata. Non si tratta solo di una questione di calendario o di preparazione fisica, ma di un vero e proprio stravolgimento degli equilibri tecnici che potrebbe decidere le sorti della permanenza in Serie B della squadra salernitana.
Proprio nel momento più delicato della stagione, quando ogni singolo elemento può fare la differenza tra salvezza e retrocessione, la Salernitana si ritrova a dover rinunciare ad alcuni dei suoi interpreti migliori, chiamati dalle rispettive federazioni per gli impegni internazionali di giugno. Un handicap che sa di beffa premeditata.
L'emorragia granata: quattro titolari verso le nazionali
L'elenco dei convocabili salernitani suona come un bollettino di guerra per mister Marino.
Petar Stojanović, laterale sloveno diventato un elemento essenziale della fascia destra salernitana, e Luka Lochoshvili, centrale georgiano che ha saputo portare esperienza e leadership nel reparto arretrato, saranno assenti nei giorni cruciali del playout perché convocati dalle rispettive nazionali.
Non finisce qui: Dylan Bronn, difensore tunisino dalla fisicità imponente e dall'affidabilità granitica, appena ripresosi da un infortunio, risponderà anche lui alla chiamata della sua nazionale, così come Filip Hrustic, centrocampista australiano che ha dimostrato in questo finale di stagione di essere uno degli elementi più tecnici e versatili della mediana granata.
Szymon Włodarczyk, bomber della Polonia Under 21 e uno dei pochi attaccanti a disposizione tra le riserve granata, sarà impegnato con la sua nazionale proprio quando la Salernitana avrebbe bisogno di ogni freccia al proprio arco.
Cinque giocatori, di cui quattro titolari inamovibili. Non semplici alternative o riserve di lusso, ma autentici pilastri dello scacchiere tattico salernitano. La loro assenza simultanea equivale a una vera e propria decimazione dell'organico, costringendo la società a ridisegnare completamente l'ossatura della squadra proprio nel momento più delicato dell'annata.
Il privilegio doriano: convocazioni senza conseguenze
Sul fronte opposto, la Sampdoria può guardare al calendario internazionale con una serenità che rasenta l'indifferenza. I blucerchiati, infatti, vedranno partire per le nazionali solamente quattro elementi, di cui almeno tre non rappresentano perdite significative dal punto di vista dell'undici titolare.
Bartosz Bereszyński, veterano polacco dalla carriera internazionale consolidata, rappresenta certamente un'assenza di peso, ma essendo l'unico convocato per i doriani, la sua mancanza potrà essere compensata senza stravolgimenti tattici. Giorgos Ioannou, esterno cipriota, naviga tra panchina e spezzoni di partita, mentre Leon Zeqiraj milita ancora nel settore giovanile e Karim Diop, per quanto promettente, è ancora lontano dai radar della prima squadra.
Una disparità di trattamento che grida vendetta: mentre la Salernitana si appresta a giocarsi la permanenza in categoria con una formazione pesantemente rimaneggiata, la Sampdoria potrà schierare sostanzialmente la sua migliore formazione, forte di un vantaggio competitivo che non deriva dal campo ma dal calendario. Una fortuna immeritata che fa il paio con le scelte discutibili della Lega.
La Salernitana si ritrova così a dover affrontare la partita più importante della stagione con le armi spuntate, costretta a mandare in campo quasi metà squadra rimpiazzata dai rincalzi proprio quando avrebbe bisogno della massima continuità. Una beffa che va oltre il risultato sportivo e tocca la sostanza stessa della competizione, trasformando quello che dovrebbe essere un confronto leale in una farsa annunciata.
È questo il calcio che vogliamo? Quello dove a decidere non sono i novanta minuti di campo ma le riunioni delle federazioni? Dove una squadra viene condannata prima ancora di scendere in campo? La Salernitana meritava di più. Meritava almeno di poter lottare ad armi pari. Ma evidentemente, le è stato affibbiato il ruolo di agnello sacrificale, e nella storia della Bersagliera non è la prima volta che questo accade.
Evidentemente il granata è un colore urticante per qualcuno nel Palazzo. Forse troppo scomodo, troppo orgoglioso per piegarsi alle logiche di chi preferisce i giochi già scritti a tavolino. E allora ecco servita la beffa perfetta: spacciare per caso quello che caso non è, trasformare un playout in una condanna a morte programmata.
La Salernitana non si arrenderà, questo è certo. Ma che amarezza dover combattere non solo contro gli avversari, ma anche contro un sistema che sembra aver già deciso il verdetto. Peccato che stavolta abbiano fatto i conti senza l'oste: il cuore granata non si compra, e nemmeno si spezza facilmente. Anche se qualcuno, evidentemente, ci sta provando con particolare accanimento.
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