Che il calcio sia fatto di scelte tattiche, di intuizioni e pure di qualche scommessa lo sappiamo tutti quanti, ma quando gli esperimenti si trasformano in labirinti senza uscita, allora bisogna fermarsi un attimo e ragionare. La Salernitana sta attraversando un momento delicato, con un attacco che ha smesso di far male alle difese avversarie e con scelte che, francamente, lasciano perplessi anche i più ottimisti tra noi. Ferraris prima trequartista, poi in panchina: ma che senso ha?
Il rebus dell'attacco
La coppia Ferrari-Inglese, sulla carta una garanzia di esperienza e fisicità, si è rivelata nelle ultime settimane una soluzione che facilita più il lavoro delle difese avversarie. Entrambi sono fermi al palo da oltre un mese, dall'ultimo derby casalingo con la Cavese: Inglese è a quota 4 reti, Ferrari a 3, e da cinque partite la Salernitana ha segnato appena 2 gol. Troppo poco, troppo statici, troppo prevedibili. Le due "torri" dell'attacco granata contro Crotone, Latina e Catania hanno mostrato: tanta fatica, poca lucidità, zero verve.
E mentre Ferrari e Inglese vagano per il rettangolo di gioco, Ferraris - che aveva stregato tutti con tre gol in quattro partite e quella capacità di muoversi senza palla che in Serie C vale oro - è stato prima trasformato in un trequartista, poi addirittura spedito in panchina perché "affaticato". Affaticato, capite? Quel ragazzo che ha velocità, guizzo e soprattutto il fiuto del gol che serve come il pane in questo campionato. Ferraris è dinamismo puro, è l'attaccante che si inserisce negli spazi, che rompe le linee, che mette in difficoltà i centrali avversari abituati a marcare colossi lenti e prevedibili. Eppure eccolo lì, seduto sulla panchina dell'Arechi a guardare i compagni che arrancano.
La ricetta che non funziona
Mister Raffaele, con tutto il rispetto per il lavoro che stai facendo e per la difficoltà del compito che ti è stato affidato, smettila di inventarti soluzioni creative quando la logica calcistica suggerisce strade più semplici. Se vuoi proteggere la difesa, che ultimamente sta tenendo bene (e questo ti va riconosciuto), non è certo arretrando Ferraris e mettendo in campo due punte statiche che risolve il problema. Anzi, così facendo togli imprevedibilità all'attacco, consegni il pallino del gioco agli avversari e trasformi la Salernitana in una squadra che subisce più di quanto propone. La "contraerea" in avanti, come è stata chiamata l'operazione Ferrari-Inglese prodotto frutti solo contro la Cavese, poi il nulla.
Ferraris deve tornare a fare la seconda punta, accanto a uno dei due centravanti, non dietro e certamente non in panchina. La sua versatilità tattica, quella capacità di agire come ala sinistra, come trequartista o come attaccante mobile, è un'arma che va sfruttata nel modo giusto, non sprecata per tamponare emergenze a centrocampo o per inseguire equilibri che poi impediscono di far gol. Il ragazzo ha dimostrato di saper segnare, di saper muoversi, di saper creare superiorità numerica. Perché privarsene proprio nel momento in cui l'attacco langue?
Il rientro di De Boer
E poi c'è De Boer, il centrocampista olandese che molti di noi considerano il migliore della rosa in quel ruolo. Fermo da fine settembre per una lesione muscolare di medio grado al soleo sinistro, De Boer ha finalmente smaltito l'infortunio ed è stato convocato per la partita contro il Crotone. Bene, benissimo, ma attenzione: non è con i miracoli che si vincono i campionati, è con la programmazione e il buonsenso. De Boer è stato tenuto inspiegabilmente in panchina quando poteva giocare, e adesso che è reduce da un infortunio muscolare serio va gestito con estrema cautela. Non possiamo permetterci un'altra ricaduta al primo scatto, come è successo con Capobianco. Se è davvero pronto, mettiamolo in campo; se c'è anche solo un dubbio, aspettiamo. Perché un De Boer al cinquanta per cento non serve a nessuno, men che meno a lui stesso che rischia di prolungare l'agonia fisica e di perdersi il resto della stagione.
La consapevolezza necessaria
Siamo tutti consapevoli che il Catania ha una rosa più competitiva, che altri competitor hanno investito più di noi e che questa squadra va assolutamente completata nel mercato di gennaio. Ma proprio per questo, proprio perché non abbiamo margini di errore, dobbiamo mettere i giocatori bravi nel loro ruolo naturale. Il campionato, come ha detto giustamente Raffaele, non si vince a novembre, ma si può perdere a novembre se non si trovano le giuste contromisure.
La Salernitana ha bisogno di ritrovare lucidità sottoporta, di tornare a essere pericolosa, di rispolverare quella fame che aveva nei primi turni. E per farlo serve pragmatismo, non creatività fine a se stessa. I tifosi granata, che da sempre masticano pane e pallone, sofferenza e speranza, meritano una squadra che giochi con coraggio ma anche con raziocinio. Non chiediamo rivoluzioni, chiediamo solo che chi sa fare gol stia davanti, chi sa difendere stia dietro e chi sa costruire gioco stia in mezzo. Semplice, no?
Società, è il momento di osare
Ma c'è un altro discorso che va fatto, chiaro e tondo, senza giri di parole. La Salernitana è seconda in classifica con 27 punti, a un solo punto dal Catania capolista e con il Benevento che incalza a 26. Tre squadre che si contendono la promozione diretta, con un branco affamato di playoff che aspetta dietro l'angolo pronto a mangiarci vivi alla prima esitazione. È il momento di completare l'opera, di dare a Raffaele quegli strumenti che mancano per trasformare una buona squadra in una grande squadra.
Gennaio non può essere il mercato dei rattoppi dell'ultima ora, delle trattative improvvisate negli ultimi minuti mentre gli altri corrono avanti. La società deve muoversi in anticipo, con programmazione e ambizione, se vuole davvero puntare alla promozione diretta. Servono rinforzi mirati: un attaccante che sappia scardinare le difese, almeno un difensore centrale rapido, con esperienza e personalità, un esterno di destra e possibilmente anche un altro centrocampista per completare il reparto. Non si tratta di sperperare denaro, ma neppure di puntare su svincolati e fuori lista, ma di investire con intelligenza: un campionato vincente valorizza automaticamente l'intero organico e crea plusvalenze che possono ripagare abbondantemente gli sforzi di oggi.
Iervolino ha già dimostrato di saper fare la mossa giusta affidando il timone a Faggiano. Adesso deve dimostrare di voler completare il disegno e di credere fino in fondo in questo progetto.
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