4000 tifosi ieri per un allenamento alle 15 del pomeriggio, quasi 19mila stasera con una squadra ultima in classifica e di venerdì sera. Il pubblico di Salerno non meritava una mortificazione sportiva del genere. Tutti sono scesi in campo al fianco della Salernitana, tutti hanno accantonato critiche e polemiche ritrovando entusiasmo e fiducia. E, se una squadra ha cuore ed è organizzata, non può che vincere in un clima del genere.
Invece la cosiddetta finale è stata persa, nel modo peggiore, contro un avversario normalissimo allenato da chi, a Salerno, nella seconda stagione ha commesso tantissimi errori ma, in 4 partite, ha fatto quasi gli stessi punti totalizzati dal collega Inzaghi in 16. Chi vi scrive ha sempre espresso parere positivo nei confronti del mister, persona di spessore e professionista esemplare. Tuttavia i numeri iniziano ad essere impietosi e giustificano la notte di riflessione che si è imposta la società.
4 sconfitte di fila in casa, media di due gol presi a partita, scontri diretti casalinghi persi, 5 ko nelle ultime sei gare, appena due vittorie in 4 mesi, distacco enorme dalla zona salvezza e involuzione sul piano del gioco. Quando c'è da fare la partita, la squadra non ha idee e non calcia mai in porta. Stasera proporre cinque difensori, togliere Kastanos e non un Candreva in serata no, insistere su un Dia che camminava e proporre un centrocampo a due è stato un azzardo. Un primo tempo così brutto non ha alcuna giustificazione.
Le colpe, però, sono di tutti. Anche il mercato di gennaio, colpevolmente sopravvalutato da chi anche in estate parlava in modo trionfale, ha portato in dote tanti prestiti. Gente che a giugno è già certa di andare via e che potrebbe anche metterci meno furore agonistico in una situazione ormai compromessa. E se prendi Boateng, grande campione però costretto a uscire sempre dopo 45-60 minuti, bisogna affiancargli un difensore pronto, di spessore, non Pellegrino che non ha fatto mezza partita o altri fermi da tempo. E, soprattutto, bisognava provare ad agire subito. Non alle 19 del primo febbraio.
Quanto alla società, Iervolino resta artefice di un biennio ottimo e, richiamando Sabatini operando un'altra rivoluzione sul mercato, ha di fatto ammesso con onestà gli sbagli. Una retrocessione sarebbe un dramma sportivo-economico in primis per lui. Nello sport i miracoli esistono, ma non sempre si ripetono e, stavolta, la Salernitana non avrà le due gare in più che all'epoca determinarono la rimonta.
Cosa fare ora? Rassegnarsi programmando con serenità la B, prendere un nuovo allenatore (ma chi c'è libero che può fare la differenza?), pensare che in teoria si può restare a -6 con tanti scontri diretti da giocare? Difficile dirlo, il gelo calato sull'Arechi dopo l'1-3 ha messo i brividi e la gente non riesce più ad aggrapparsi a nessun appiglio.
Si eviti soltanto una lenta agonia, si rispettino i tifosi della Salernitana e, al netto di tutto, i presidenti che garantiscono milioni di euro di stipendi. La A era - ed è - un patrimonio di inestimabile valore e, in un campionato così modesto, bastava poco per restare in gioco. Finchè matematica non ci condanni è giusto crederci, ma la notte è davvero buia e il pubblico non lo meritava.
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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