C'era una volta un ambiente che non perdonava nulla a quella che, ad oggi, è la miglior società della storia granata e che ebbe la colpa di vincere quattro campionati e due coppe risolvendo il problema del manto erboso dell'Arechi e del cavalluccio marino. Querelle messa a posto in pochi mesi, nel rispetto delle norme e con un investimento non indifferente in epoca di incassi zero. La presero in D, Lotito e Mezzaroma, affidandosi poi a un dirigente che ha ottenuto tre promozioni alla guida della Salernitana e che si presentò alla città con Ribery e gente che oggi gioca competizioni europee dimostrando a Sabatini che si può allestire una rosa competitiva senza per forza spendere milioni di euro.
E c'era una volta un ambiente che osannava questo signore, quello del quinquennale milionario a Sepe, del triennale a Fazio, di Liverani per Inzaghi, di bomber Weismann e di "the wall" Pasalidis, preso insieme a tal Pellegrino per risolvere i problemi della retroguardia dopo aver garantito un milione di euro a Boateng e Manolas. Anche in questo caso misteri della fede...calcistica: Fabiani vince tutto e fa i babà e che importa se quella salvezza del 7% porta anche la firma di chi contribuì a far approvare il trust vincendo le battaglie legali per rigiocare con Udinese e Venezia. L'illustre collega, invece, fa una retrocessione e mezza, però per i tifosi dei social va bene così.
C'era una volta una città che, con un salto di maturità importante e lodevole, sapeva criticare in modo intelligente quando necessario pur mostrando scetticismo verso quella multiproprietà vista come male e che invece fu soluzione. Lo stesso ambiente che oggi pecca di memoria corta. Dalla A alla C, dal sogno all'incubo, dalle promesse roboanti al mercato al risparmio passando per l'algoritmo, gli otto gol di Bergamo, i 4 allenatori a stagione, la proposta dei ponti con Napoli, i ricorsi persi in estate per il caso Sampdoria, il no al dialogo con la piazza e con la stampa locale e l'attacco a Sousa per la pareggite mentre un gruppo pessimo faceva salvare a Salerno i rivali storici del Verona.
Se battere Siracusa e Giugliano è sufficiente per dimenticare tutto, allora questo meritiamo. Intendiamoci: siamo tutti contentissimi del primo posto, di un allenatore che sta dimostrando di avere gli attributi, di un gruppo che suda la maglia e ama la tifoseria, di un avvio di stagione che nasconde limiti evidenti della rosa allestita dal bravo Faggiano. Ma non è la corazzata che Salerno meritava, non è la fuoriserie che deve stracciare la C, in estate ancora una volta bisognava cedere prima di acquistare e un neofita, da amministratore delegato, quasi "bacchettava" l'allenatore dal piazzale antistante l'Arechi dopo l'eliminazione dalla coppa Italia frutto dei limiti dell'organico.
Insomma, ben venga aver scisso la critica verso la società dal sostegno alla squadra: usciamo quanto prima tutti insieme da questa categoria nella quale, a suon di errori clamorosi, siamo sprofondati di nuovo. Tuttavia, pur ribadendo a caratteri cubitali che ogni presa di posizione va bene solo se civile e mai oltre i confini dell'educazione e dello spirito costruttivo, non capiremo mai come sia possibile ballare e cantare a prescindere dopo un biennio così brutto. Solo tornare dove ci hanno preso può contribuire a ricucire in parte lo strappo, in attesa di un confronto pubblico utile a capire cosa sia davvero successo da Piazza della Concordia in poi. O dobbiamo veramente credere che pensavano di fare un grande progetto con Ikwuemesi, Stewart e Velthuis?
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